Mi crogiolo nella sofferenza di un pollo fritto che fugacemente guarda una capinera che violenta un passero da strada e le mie emozioni vanno su e giù, giù e su e da est a ovest ribollono in pentola tra Erinni urlanti che piangono e avvolgono il cielo con gli occhi per farne una benda per un neonato e lo donano a un padre in fasce. Una casa nella prateria muove milioni di costole di animali stanchi di essere sospinti dal vento di un flauto magico e di ballare senza sosta. Auguri amici miei e Buon Natale, con famiglie di colori che possano liberarvi dalle paure di un topo bianco impigliato in una ragnatela notturna. E svegliarvi assonnati ma felici dopo anni di torture e pantegane e prostitute piene di salici piangenti.
Morite per rinascere in un anno di Babbi Natale che non ti faccia fuggire da responsabilità più grandi di un papavero che fuma oppio e fuliggine d’industria siderurgica in un atelier di pittura classica. La musica suona il suono delle parole che penetrano nelle mie vene sempre più lucide e portano con se stelle cadenti che colorano un Natale estivo fatto di luci e abbronzature in spiagge dai seni pelosi.
La serratura del mio cuore è un universo di donna che prega notte e giorno in ginocchio su un altare di sfighe che le trapassano il cuore con cunei appuntiti e le fanno scendere lacrime di ragù fino alla vagina che le riassorbe in un ciclo di vita e di morte e di sentimenti di sesso e foglie autunnali. E, e, e, e tante cose che passano in un’anima sporca e innocente. Una bambina che gioca nel fango e si diverte senza sapere cosa le resterà incollato addosso. Prega e si sposa senza sapere cosa le resterà incollato addosso.
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Egregi signori
Signori. Eriggo una frana cangiante a tutela delle mie Erinni e volgo a Oriente tutte le parole che fuoriescono dalla poesia di un bipede acquatico. Osanna nell’alto dei peli, signori, e pace in terra agli uomini che si fanno le seghe. Una voce dal paradiso annuncia che non furono l’origine del peccato originale. Ma un fiore in fiore che spumeggiava cantando le Idi di marzo.
Lui fu a punire l’umanità di folgori e nuvole serene. Per cui mi piaccio. Abusivamente signori, conosco le odi alla luna di san Francesco. Fratello sole e incesto di luna piena di latte e candore di ciliegia rossa di mare di more, eccoti il tuo figlio prediletto. Va in giro a predicare tutto il giorno e non ha ancora un lavoro fisso. Chiama tutti fratello e non fa altro che farsi le canne. Dice di camminare sull’acqua per il troppo LSD. Insomma è peggio di un peto in tenuta da schiavo.
Cantami solenne una canzone da bardo con l’arpa e a grande richiesta fammi un album di pane coi cori di Corinto che chiedono il voto di castità a gran voce. In fondo ti amo mia musa che Sodoma e Gomorra e muore a colpi di vagina grattata sul ferro del cannone caldo.
Nuota per me mentre ti guardo scioglierti in uno schermo al plasma che vomita le olimpiadi della grande guerra.
Una tunica argentata troppo corta
Una galera di gnocchi alla panna si stappa una coppa di champagne per festeggiare la bottiglia di rospi che grondano saliva al salutare una manna di stronzi che viaggiano su aerei di Stato. Una Stamina viene processata e condannata al pubblico ludibrio per motivi spastici. Mi muovo tra plastiche di manna plastificata e pubblico un Convivio al bar dello Sport.
Pranziamo con le Erinni per una notte di stelle con Medusa e le sue amiche del giaguaro.
Ardea vola in elicottero per una notte d’amore estremo sui monti del Kilimangiaro, ma al momento dell’orgasmo precipita su una libellula che sta partorendo, la quale pensa che sia un meteorite urlante.
Aldavio si scusa per essersi presentato in ritardo alla finale di coppa campioni e aver fatto perdere la propria squadra con un autogol, ma una litigata con la moglie dell’ultimo minuto gli ha fatto perdere le mutande portafortuna senza le quali non può giocare. Le mutande le aveva mangiate il cane. Dopodiché Aldavio diventerà un postino precario.
Voterò nell’urna in cui Dio ha il raffreddore così non mi vede. Voterò per la formazione che fa meglio i propri interessi. Voterò per la fata turchina se mi dice che rottamerà SENZA mettere nessuno al loro posto. E poi voterò per chi farà sparire la fata turchina.
Un bel cavolo scarlatto
Sono circondato da spiriti peripatetici che fungono da esperti in corpi medici credendosi scienziati che si credono dei.
Affliggono frustate a piccoli vermi aberranti che si sciolgono nella merda zuccherosa delle loro frattaglie intestinali. Convengo che la battaglia è dura caro Watson e permettimi di dissentire basandomi sulla visione delle streghe di Salem mentre una bionda cattura la mia attenzione perché mette sale nel caffè.
Inshallah my friend che blowing in the wind. Salutami il vento e bacia le palle di Dio in una scopata divina nel canyon delle anime buongustaie.
In fondo Giovanna aveva ragione a masturbarsi in tribunale per scagionare lo stomaco del maiale.
Le Erinni urlano dall’alto dell’Ade e bruciano nelle sante Inquisizioni leggendo la pagina di cronaca nera.
Curaro my friend Alabama ricordati di Alamo e friggi le patatine in salsa di pus di peste nera per un piatto multicolor che attizzi la nostra fantasia di cadaveri ambulanti
Merluzzi improvvisati
Un sapore acido di giallo limone mi attraversa le vene e parla di Dio a un’Elettra confusa per la morte del padre. Le Erinni danzano in coro e vogliono sangue per placare la loro sete di vendetta in mezzo a tori scatenati. Mi ricordo delle canzoni psicadeliche che ci iniettavamo in vena ai concerti rock. Un rock di passaggio che ha marcato a fuoco mezzo secolo di umanità così come si marcano i buoi. Truppe di spazzatura che si muove agli ordini di atomi di merda dagli effluvi che fanno cadere i denti di un lupo che cerca il suo cibo in mezzo all’artico.
Nel brodo galattico nuoto in mezzo a grani di uva passa per odorare un circuito di formula uno e piangere solo perché hai cercato di scalare una partita di poker. Vuoi giocare alle mie regole. È un bel gioco. Quando si perde si cambia dimensione. Quando si vince si diventa sempre più simili a minerali. Desideriamo crogiolarci sulla sabbia di una spiaggia di un atollo nel pacifico e amarci senza granchi o meduse. Ma soprattutto in un mappamondo di diamanti che risplende e riflette la nostra saliva orgasmica.
Il fratello di Pinocchio mi parla e mi chiede uno stuzzicadenti in inox. Trovo che dovrebbe radersi ogni tanto che sembra un terrorista islamico. Gli cucio una giacca di pelle di asina e la imbottisco di piume di struzzo e sterco secco di pavone. “È la giacca più impermeabile che abbia mai avuto, grazie” mi fa mangiandosi un biscotto di marijuana insanguinato nella tazza che contiene le gengive di uno che è morto ieri di dissenteria acuta. Pesava centosei chili quando ha smesso di respirare ed è morto sulla tazza del bagno. Solo che ha continuato a defecare e l’hanno trovato solo per il tanfo che emanava il bagno. Una volta nella bara ne pesava quarantasei. “Ciao, alla prossima” mi fa il fratello di Pinocchio e si dimentica lo stuzzicadenti che nel frattempo è diventato d’oro.
Polline
Venusa ritaglia un angolo di tempo nel telaio storto di un’icona che ride dal riquadro color prugna appeso nel corno d’Africa sotto i bombardamenti francesi alla ricerca dell’uranio per far funzionare centrali nucleari da smantellare. Ridono dietro di loro le iene che portano sangue al mulino dello sputo di una chitarra saxofonica del dio barbaro.
Non potrei sentirmi meglio dice la ragazza alzandosi dal letto di diodi elettrici dopo una notte d’amore intenso sotto i rododendri della sua casa in stile coloniale. Suono il piffero magico di Antalenio che me l’ha prestato e mieto un seguito di rosmarini abbagliati dal fetore che spargo senza pietà alcuna e rido in una latrina militare perché i gusci di noce che escono dal culo bruciano di sale al peperoncino rosso.
Le Erinni si alzano un mattino e chiamano Medusa per lisciarle il pelo del pube e rincuorarla sull’ultimo amante morto ammazzato da lei.
All’inferno queste cose succedono ogni giorno e non c’è niente di male.
È questa una delle cose belle dell’inferno, il male non esiste più.
Così come non esiste umiliazione nel mondo di Marylin Manson.
Se hai raggiunto il punto più basso dell’umanità sei libero perché non hai nulla da perdere. Se hai raggiunto la libertà allora sei pronto per andare all’inferno. E il modo migliore è quello di morire dal ridere sopra una pila di legna da ardere.
Un abbraccio a te e una carezza a me.
Rosso di sperma
Un livido fringuello s’insanguina un arto mentre canta una canzone di Sanremo e vede accadere un sasso sulla testa.
La cascata di mille metri di sangue atterra su una vallata verde e fresca e schizza mille rivoli di petrolio che sa di acido.
Le Erinni scivolano via dalla strada tormentata dell’essere cagna.
Rimembri quel tempo della tua vita? No? Meglio per te, faceva schifo.
Un pompiere si aggiusta la pelle a seguito delle ustioni di terzo grado che s’è procurato schiaffandosi della benzina accesa in faccia mentre faceva un corso di formazione a un gruppo di stambecchi in giacca e cravatta. Niente di grave mister, domani sarà come nuovo, nuova faccia, nuovo culo.
Resistiamo qui nel bunker della pazzia per mangiare scarti d’inferno e risolvere il puzzle di cartapecorita mandatoci dagli insegnanti di pasticceria. Mi candido una cioccolata tra i denti e sputo fuori maccheroni ripieni di piscio di cane. I fiori spargeteli sulla tomba di benito. Il mio cane, appunto.