Mi sono iscritto all’Università della fede. È un progetto divino. Si tratta di immaginare un mondo diverso. Quello di domani mattina. Il mondo migliore. Prego ardentemente. Nel senso che prego sulle braci accese. E ardo. Prendo fuoco sul serio. Mistero della fede. Domani ci sveglieremo cotti a puntino. Avremo bruciato il vecchio e acceso un cero al nuovo. Io mi sono attrezzato con arco e frecce incendiarie. E di preservativi bucati.
Il grande capitolino ci farà il discorso di fine anno. Oramai lo fanno tutti il discorso di fine anno. Per la gioia di milioni di telespettatori. Io propongo che tutti facciano il discorso di fine anno. Un discorso delirante per tutti. E mettiamo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra.
Cari fratelli, elettori, cittadini. Cari pantaloni dalle tasche vuote. Siamo molto soddisfatti del vostro comportamento, pacifico e pagatore. Siamo contenti che la vostra principale preoccupazione sia pagare le tasse alle giuste scadenze. Da buoni cristiani dovete pensare al benessere dell’altro e porgere l’altra guancia e non il forcone. Noi vi ringraziamo dal profondo del nostro pancione. E mangeremo e berremo champagne alla vostra salute. Perché finché sarete in salute potrete lavorare e pagarci le ferie. Rendiamo anche grazie a Dio per la fortuna che ci ha dato di avere qualcuno che paga i nostri debiti al posto nostro e ci dà la nostra escort quotidiana. Affinché il futuro sia sempre così noi ti preghiamo e ti rendiamo grazie. Amen.
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Cimitero rock
Un killer della memoria si sparge come olio su una farfalla araba e a occhi chiusi spira tra le fauci di Odino. Voci di ragazzi implorano il cielo per una rivoluzione silenziosa mentre gli occhi scoppiettano come fuochi artificiali. E il pubblico osanna. Osanna nell’alto del cielo. Un concerto di voci spaccano il fondo di una bottiglia mentre io scoppio a piangere. Il dolore del mondo celebra la propria gloria. Mentre il cuore scoppia di risate allegre e si consola con una palla di chewingum.
Andiamo e vinciamo al suono di una chitarra. Ma andiamo dove? Andiamo e preghiamo una poesia rock.
Evviva Bambi e Babbo Natale. Fluida energia che scorri dalle mie mani e purifichi la mia anima come acqua benedetta. Un suono d’amore sa di cioccolato.
Rose rosse e cioccolato sono il profumo dell’amore. Un amore rock.
Divino verme che strisci sotto la terra e ti nutri d escrementi putrefatti. Sei il suono silenzioso della natura che lacrima e vive. Tu mangi i morti e vieni mangiato dalle piante che ci nutrono. Senza di te non ci sarei io. Non posso non amarti, anche se mi fai oggettivamente schifo. Ma questo è l’amore. Sangue di lacrime riflesse sull’acqua.
Cimici che scorrono in un pozzo di petrolio che canta un inno nazionale della nazionale di calcio. Forse un giorno potremmo urlare di nuovo Forza Italia.
Al grido di un osanna che ritma una musica tecno io vi saluto vermi della terra che leggete queste divine stronzate e viaggiate con me nei meandri della pazzia.
E ridete piangete e godete e morite e vivete. Nell’immenso gioco di un verme. Col silenzio di un blues balla dentro di noi e ride. Come un pazzo che ci mangia il cervello a uso e consumo del dio dell’infinito. Bevo vino e schiaccio pesci con i piedi.
E mi curo con il ghiaccio dei sensi.
Ed ecco che la luce divina soffoca l’immensità del corno di un rinoceronte alla carica.
Mentre lo guardo mi domando come mai i programmi televisivi della fine del mondo sono finiti. In fondo, chi non si è addormentato la sera prima con quel dubbio solleticante che chissà, forse forse, non si sa mai, e se fosse vero? E se fosse per domani. Perché un giorno la morte arriverà. Ridendo come una pazza. Ma arriverà. E allora siamo, pazzi. Siamo, quello che siamo. E basta. Solo così potremo fregarla. Diventando più pazzi di lei. E di quel verme che mangia. Che ci mangia. E che ci caga. Escrementi di verme siamo. Merda di verme ritorneremo. Ridendo. Sotto la pioggia di un cimitero.
Benvenuti nel delirio.
Benvenuti nel sospiro di un alito di birra.
E Dio disse “C…”.
E Dio disse “C…”.
Un occhio vede al di là della porta. La chiave è il segreto.
Un miracolo si compie nella strada in mezzo al deserto e ascende alla quinta dimensione.
Un sogno erotico si stampa nel mio corpo e ne porto i segni di fuoco.
Evito di farmi portare dal vento della passione e l’istinto procede senza ragione.
Felicemente mi siedo della radura, in una sabbia bianca di dune scoscese, dove il mio piede affonda, bruciando. Non c’è spazio nel calore. Il fuoco arde e mi consuma l’ossigeno. Il ritmo mi possiede e batte il mio timpano contro una parete sussurrandogli parole oscene, mentre i pesci mi danzano in testa.
Amami pazzo che balli il tango al suono di un sintetizzatore.
Amami e devastami il suono dell’universo. Balliamo al suono della parola diddio. Il nostro amore si nutre di sesso. Uniamoci al nostro dio in un amplesso solare. E ridiamo con lui in un rapporto a tre, in un atto d’amore divino, mentre ci perdoniamo i nostri peccati di gioventù.
Esco dalla porta dell’universo e la chiudo a chiave dopo aver bevuto la linfa degli dei da cui partorirò il figlio dell’uomo.
Chiedimi, pazzo, se l’amore ha un sesso.
Dimmi, pazzo, se il limbo è uno strato di sabbia rovente.
Dimmi, pazzo, che cazzo sei venuto a fare tra gli uomini.
Uccidimi pazzo, perché così saremo liberi di volare via dalle feci di un angelo con la diarrea.