Una grotta di merda si scioglie sulle mie braccia per cullare la via di un perizoma a cui cresce barba e baffi e un ballo al flauto di Pan di Spagna. Merletti e Merlotti scenderanno su di noi nel giorno del Natale e festeggeranno un inno alla paura del generale inverno, mentre i saraceni scorrazzano nel deserto di una mezzaluna decadente. Tra chiodi arrugginiti e figli di puttana e mogli coperte di vergogna di essere donne.
Tra i cammelli si leva un urlo in mezzo al deserto e prova a sganciare bombe di barzellette sconce che il correttore ortografico non accetta, ma prova a correggere finendo in carcere in una città costruita su un pianeta ai confini della galassia. È lì che si mangia il gelato migliore. Irrorato di raggi cosmici non filtrati, ma grezzi, ancora pieni di sali minerali e rabbia assassina in nome di Dio. Dio è unico, grande, così grasso che nessuno è più grasso di lui, o lei. O Dio è frocio. Forse per questo non si è mai sposato.
Un rinoceronte si guarda allo specchio e si mette un po’ di ombretto sugli occhi. Minigonna e pinne da sub. Stasera spopolerà al gran ballo delle quindicenni. Prende il treno per la campagna farnese e finisce di fare i gargarismi al cioccolato fondente. Si sistema il corno e gli fa una manicure. Stasera bacerà il principe azzurro?
Tra mal di denti e urla di pori scatenati una danza sciamanica inneggia al totem di plastica che rende la montagna sacra una discarica abusiva di una camorra con le penne e le pinne. E vampiri deformi danzano attorno a un fuoco. E zebre con l’aids e la varicella bruciano pongo targato adidas in mezzo a stelle cadenti per non morire di dolore.
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Tutto in vacca
Un paio di tuguri infinitesimali brindano davanti al cespuglio degli errori. Sprizzano coppe di champagne di liquidi odorosi e hanno paura della manna infernale. Il brivido dell’incognito s’impadronisce degli astanti che ansimano dai torrioni in pietra mentre la battaglia infuria. Il capodivento s’impolvera di stelle natalizie e il conto alla rovescia comincerà tra poco. Sarà Natale, un altro mondo, un altro incubo incombe su di noi affinché il pil aumenti e le vene si esauriscano del sangue del popolo bue che impegna l’oro d’Italia.
Il mio cuore ruzzola nel fango di una pallottola puntata allo specchio del rinascimento lento. Il grosso dell’esercito si è perso in un bicchier d’acqua multiforme senza batter ciglio ed è annegato silenziosamente suonando il silenzio. Mandragola si sfrega le dita in calore e sviene tra le braccia di una serpe maculata e ridente. Arthur si mangia un vaso di fiori senza godere di una giornata all’aperto sul suo terrazzo dal sedicesimo piano di un attico romano. In realtà è una collina di periferia. I piani sono quelli dei rifiuti formatisi nel corso dei decenni in una discarica abusiva. È quello che pensano tutti su facebook è questo basta a trasformarlo in realtà.
Il mio cuore piange
Il sesso ride
Nell’iride una lacrima non osa uscire. La notte scende urlando le sue ragioni. E mi pento di esser vissuto in un mondo. La pazza ha ragione e urla a modo suo strappandosi i vestiti. Piango per una vita sprecata a morire ogni giorno mentre fuori splende la luce di un dio che non ti vede nemmeno nell’urna. Spengo una candela alla mia luna storta e accetto i doni dell’universo in una sala adiacente alla fortuna di un discendente degli dei. Una pazzia d’amore frusta le mie vene e il mio cuore dalla nascita al motore. Un tamburo batte nel mio torace e fulmina l’amore in una tazza da thé (o come diavolo si scrive).
Il dolce richiamo di Medea
Un lapislazzulo brilla nella fontana di una patata arrosto. Prego e dormo addormentato in un centro di periferia dell’impero stellare mentre il sole gioca a scacchi con un altro sole e il terzo fa un solitario. Il silenzio balla ferocemente una psicomotricità con una sirena di sedano soffritto e i peperoni ci guardano mentre ci dimeniamo nell’olio bollente di una discarica abusiva.
Il fumo sale e penetra negli occhi tristi di un rinoceronte affamato. E il virus gli fa un servizietto al pelo del naso che muore lì, guardando in alto senz’aver avuto il tempo di chiedersi cos’aveva preso al compito di matematica.
Una dea s’immola nel cielo tra il fragore di una padella e il vuoto risucchio della campana della chiesa di paese di montagna.
Nella valle sarda si pesca un salmone da un quintale di salsicce. Panino ne prende uno ma vuole andare a casa per mangiarlo. La casa sta bruciando in lontananza. Panino corre e lascia il salmone nel boschetto. Si tuffa nel fuoco per cercare i figli ma i figli sono già scappati e lui muore nell’incendio. Una vespa punge un cadavere e si ubriaca dato che in casa c’era una coltivazione di marijuana.