Una mela sbucciata mi appare davanti alla torta nuziale per augurarmi il peccato mortale se mi piego alla stanza del figlio crocifisso nell’unità di una croce uncinata. Melograno e melo gratto per meglio sentire il prurito di un’urna funeraria di peni e patate al forno. Mentre le farfalle ridacchiano al sole.
Ofelia si batte contro un pigiama a fiori senza chiedersi il senso delle carote finché un fulmine a ciel sereno non inchioda il padre alle sue responsabilità elettive. Un sindaco che piange è come un chiodo che caga. Entrambi hanno la puzza sotto il naso. Per cui Ofelia si ritira di buon grado col suo nuovo consorte nell’ascensore di una rolls-royce a fare un sabba di pippistrelli e marmellate marcate Ovidio.
Parloti d’amore Marilù. E ti dico e ti chiedo di darmi un pezzo del tuo stivale per pulirmi le gengive da tanta cioccolata che sfregiò la tua vagina infernale e la tua pedicure così ben attillata. Ti amo e ti proteggo dalle mille sventure di una vita piazzata in telefiga col Cristo che ti ama anche lui dall’alto di una baracca che crolla su effluvi di diluvio universale siccome anche oggi piove. E torna a battere che voglio comprarmi una WII.
Un abbraccio stretto stretto alla scopa mi riporta in una Terra focosa e gioconda dove il Carnevale del cuore equivale ad un pollo scotennato e ridente, ma sdentato.
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Il corsaro rosso
Un salto nelle mondelle di un artico rosso pantera e siamo tornati nel diluvio universale parlando con i cachi gialli e neri di una stazione ferroviaria che ci bacia e ci abbraccia. Mentre osserviamo la linea di demarcazione della nave aliena un pirata si alza e grida “Loacker à volontà” rosicchiandosi le mentine di liquerizia asmatica.
Fu così che un catorcio quantico di androide polmonare s’innamorò della bella schiava color amaranto che ci seguiva da vicino e lei partori’ transistor quantici a volontà con i quali si cibarono i coccodrilli della savana sviluppando rose e fiori d’arancio per matrimoni complessivi. Aureliano si stura una gengiva di sterco bionico e annusa una puzzola dietro la manicure color flamenco arabeggiante.
Finiamo canticchiando in una savana afosa in pieno centro della campagna padana tra grilli fatiscenti e case coloniche che gracchiano in armonia col cosmo che gira a vuoto cantando la marsigliese stonata. Tra una salsiccia di rabarbaro e un filetto di triceratopo in carrozza ci adagiamo tra crescentine e frittelle mischiate col muschio avanzato dal pranzo dei gatti e soffriggiamo la nostra noia in una catena di superalcolici nostri amici d’infanzia.