Una promessa scorretta


Una farfalla zoppa si accinge a librare nella pentola di un tapiro urlante, mentre le catene frustano gli occhi di una ragazza che non vuole vedere né sentire. Il mondo gira ma le palle restano attaccate a un testicolo marrone e rosso con un occhio guercio. In fondo anche stare a sentire la radio prende un limite di decibel non indifferente che mi parla ad un orecchio e mi dice “Scoppia ora che puoi senz’aspettare che Facebook te lo permetta” e io penso a quanto è bello il mondo Facebook dove tutti sono felici e sorridenti e pensano positivo e amano la vita e la vita è solo bella. Che bello sarebbe rendere pubblica la depressione. Perché non si fa? Perché è troppo contagiosa
Torniamo alla libellula che viene alla fine soffritta in mezzo ad un brodo di sperma bianco lattice insieme al preservativo e alle anime spente dell’inferno rosso. Ho bisogno di musica nelle orecchie per dimenticare la vita. Ho bisogno di sperma per uccidere un’anima di note armoniche che non parlano che di sonno eterno, e ballano un ballo scozzese che porta indietro nella magia celtica. Un violino tzigano mi porta in sogno attraverso colline alberate in una bruna faccia appesa alla finestra che mi fissa attonita.
Scoppio ora che posso in una bomba dai mille pezzi di stelle che si votano a vicenda e formano una democrazia che riposa in pace sul cimitero delle anime di facebook che muoiono gioiosamente nella festa della guerra quotidiana in un macero che lentamente le trasforma in fango industriale riciclabile. Un decomposto che verrà poi rimesso nel ciclo produttivo senza l’interferenza. Cosa succederebbe se il Vaticano proclamasse uno sciopero globale?

Polline


Venusa ritaglia un angolo di tempo nel telaio storto di un’icona che ride dal riquadro color prugna appeso nel corno d’Africa sotto i bombardamenti francesi alla ricerca dell’uranio per far funzionare centrali nucleari da smantellare. Ridono dietro di loro le iene che portano sangue al mulino dello sputo di una chitarra saxofonica del dio barbaro.
Non potrei sentirmi meglio dice la ragazza alzandosi dal letto di diodi elettrici dopo una notte d’amore intenso sotto i rododendri della sua casa in stile coloniale. Suono il piffero magico di Antalenio che me l’ha prestato e mieto un seguito di rosmarini abbagliati dal fetore che spargo senza pietà alcuna e rido in una latrina militare perché i gusci di noce che escono dal culo bruciano di sale al peperoncino rosso.
Le Erinni si alzano un mattino e chiamano Medusa per lisciarle il pelo del pube e rincuorarla sull’ultimo amante morto ammazzato da lei.
All’inferno queste cose succedono ogni giorno e non c’è niente di male.
È questa una delle cose belle dell’inferno, il male non esiste più.
Così come non esiste umiliazione nel mondo di Marylin Manson.
Se hai raggiunto il punto più basso dell’umanità sei libero perché non hai nulla da perdere. Se hai raggiunto la libertà allora sei pronto per andare all’inferno. E il modo migliore è quello di morire dal ridere sopra una pila di legna da ardere.
Un abbraccio a te e una carezza a me.

Balla per me. Balla sopra un tesoro cristallino. Balla in un orgasmo selvatico


Morte che baci il tesoro della castità. Vieni a pregare e a scopare con noi. Dentro una botte di schizofrenia e gas intestinale. Vieni con noi a divertirti per recuperare le forze dopo una lunga malattia. Uno schiaffo si amplifica nell’eco spaziale di una lavastoviglie che sta finendo il ciclo di cottura a freddo. Tra Martina e Ruggero non era mai scorso buon sangue e s’erano sposati proprio per odiarsi meglio. Tra tamburi che lavano i piatti e sigarette che colano sangue il loro amore era rimasto inossidabile e la loro famiglia cresceva tra botti di vino diventato aceto e ammassi di pietra colorata di rosso e profumata di tango argentino.
Fin dal primo mattino si prendevano a schiaffi e a sera andavano a letto con gli occhi gonfi di tanto in tanto si violentavano a vicenda e la cosa rendeva il rapporto più succulento.
Poi un giorno il cioccolato si fuse e inondò la cucina e Martina rischiò di annegare. Ruggero non esitò un istante e invece di salvarla la spinse più giù. E tutto finì in pace. Così com’era cominciato, ma la polizia non riuscì mai a convincersi del fatto che una possa annegare in una pentola di cioccolato caldo.
I loro figli piansero e al funerale si tirarono frecce avvelenate uccidendo la metà del gruppo funerario ossequiante tra cui l’odiato direttore di Ruggero.
Un cane bastonato si spara ad un occhio per attraversare il guado dell’inferno dantesco.
Una foglia secca si masturba davanti alla propria terrazza un sabato pomeriggio tra l’indifferenza dei passanti.
Una tromba suona danze ipnotiche e sfoglia giornali di ferragosto. Sabbie mobili che circolano attorno al collo di una giraffa color arlecchino. Con una cravatta lunga tre ore luce.
Un acrobata di circo atterra su una bambagia tra cori di donne che saltano tra muschi e licheni in mezzo a rocche cristalline color rosso corallo. Un sabba sulla spiaggia nera scopre un fungo atomico. Giove osserva dalla Luna la pazzia umana. E si scalda le mani. Prima di iniziare un’orgia con le baccanti.