Una ruota capovolta rinfresca la mia testa rotta e danza correndo nella Terra pruriginosa senza arrotare coltelli per tagliare salami in una schiena nuda e sensuale di donna.
Cinquanta sfumature, non si può più dire, come forza italia. Ci rubano le parole e con esse i concetti. E con essi le emozioni. Ma noi balleremo finché non sarà notte. Finché non sparirà il sole. Aspettami e balleremo insieme finché il mondo non berrà il calice dell’Apocalisse.
Dammi la tua schiena. Dammi la tua bocca. Andremo nel mondo del verme verde e giocheremo a dadi con Dio. Sorrido pensando alla teoria della relatività del cioccolato. Per giustificare la nostalgia dei tori e dei cavolfiori. Ma perché? Le domande sono più belle delle risposte. E il delirio altro non è che una grande domanda che rimbomba in una campana che suona a morto per vivere tutto in questo momento. Perché non può essere altrimenti? Perché corro in un’autostrada di sole bruciante sudando e bevendo rospi e falene con la diarrea.
Vado in bagno a vomitare pezzi di anima e canto un canto celtico per giorni pazzi come un bambino che si chiede come invecchierà quando sarà nonno di bambini come lui. Facce che mi girano intorno e ridono come pazzi che ridono come pazzi. Mi amerai ancora ? onestamente non me ne importa molto. Ma non prendertela in fondo dobbiamo ancora fare l’amore. Dammi la tua bocca per farmi uno spinello di farina di frumento biologico.
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Una canzone per Dolly
Cara Tilla ti mando un elogio funebre dal tavolo operatorio di un salice argentato in questa porta dell’inferno che sibilla attentamente alle mie orecchiette al ragù. Un batuffolo di cotone ci unisce in questa sedia che troneggia in un mazzo di rose rosse e vola in una nuvola di pidocchi blu seduti su un mazzo di carte argentine che ballano il tango con barbablù e la Canalis. Preghiamo insieme tra un piatto di sigarette affumicate e il paiolo di due seppie triturate di fresco che si sono fatte operare all’anca da un chirurgo con la scogliosi deformante che ora canta con una giacca rossa e il cranio pelato.
Sai che una cosa bella è guardare i film senza il sonoro mentre tuo marito ti spacca la testa a martellate? Ecco la bestia che si è risvegliata dai meandri dell’Apocalisse e evapora al ricordo del miglio d’oro tra una riunione di dirigenti color dell’acciaio fuso e una colata di burro di cacao che ammanta di cacao fuso le nostre membra semoventi.
Lecco l’odore della vagina di una pentola a pressione distesa sul tavolo dell’ufficio davanti alla finestra che dà sui santi uffizi di Firenze e si droga con le vene di una coca cola e ne parla in un gruppo di alcolisti anonimi.
Mi friggo una pizza e ti mando un saluto col becco e colbacco.