Diario di un nuotatore: m’immergo a stile libero per cercare l’anima gemella, in un vortice d’incoscienza masturbatoria. Chiudo gli occhi, e dolcemente faccio partire la mia mano contro un vetro rotto in una fabbrica di chiodi arrugginiti. Un’orda arrugginita si fa strada nella mano sul cuore di una croce di fabbrica con una tizia che guarda la folla dall’alto in basso e dice madre perdonali perché non sanno un cazzo.
Un’orgia urlante di animali e scrofe che inneggiano all’amore libero si dimenano in una civiltà della produzione e della riproduzione e osannano la dea nell’alto dei cieli perché sia fatta la sua volontà in un universo di spaghetti e puttane e per rimescolare l’amore con il pesto in una tavolata di bigatti e rogne con l’ebola.
Mi chiediamo se una considerevole ironia non si possa fare per comprendere le ragionevoli considerazioni dell’esimio sacerdote, teologo e frocio. Che difende l’imperturbabilità del matrimonio nella teogonia dell’altissimo ubriaco. Scivolo da una piramide e mentre atterro sbatto il cranio contro una figa che vola nell’alto dei cieli e benedice gli uomini di buona volontà, impotenti e non. Differenziando le categorie di reddito. Ovviamente.
Archivi tag: cranio
Frittata d’inchiostro
In un battello di negri le cui urla si potevano sentire a chilometri di distanza nell’oceano indiano il sangue colava dalle fruste e i mercanti marinai.
Yussuf si rese conto che era meglio buttarsi nell’oceano che finire così. Non era legato perché si pensava che nessuno avrebbe fatto una pazzia così, ma li aveva sentiti dire che un’isola era vicina in direzione del sole che tramonta.
Forse avrebbe potuto aspettare la notte, ma allora lì sarebbe stato nella stiva in catene. Prese la rincorsa e due uomini gli si buttarono addosso all’altezza del bacino, ma se l’aspettava e girò su se stesso e riuscì a sgusciare via, perse l’equilibrio, ma non cadde, ma rallentò la corsa e altri stavano arrivando, a occhio, non ce l’avrebbe fatta, ma non aveva più niente da perdere, con la coda dell’occhio vide qualcuno alzare il fucile.
C’erano ancora due uomini tra lui e il mare, due della sua tribù che si scansarono.
Saltò, per l’ultima volta vide la luce del sole che lo colpì in pieno volto e
per l’ultima volta udì un colpo di fucile.
Fu un momento d’amore per sé. Stava librando nel vuoto. E ricordò le parole del suo sciamano “Segui la via dell’aquila”.
La pallottola attraversò il cranio di uno dei suoi che e lui toccò l’acqua gelida dell’oceano mentre altri fucili lo aspettavano al varco.
Lo sapeva, e restò in apnea per dieci minuti, da buon cacciatore di coralli. In quei dieci minuti successero molte cose sulla nave e molti corpi vennero gettati giù dalla nave. Non erano corpi neri. Ed affondavano direttamente tirati giù dalla corazza e dai vestiti impregnati d’acqua. Quando riemerse si ritrovò a nuotare da solo in direzione della palla di fuoco, mentre la notte stava arrivando e i suoi compagni si trovavano con una nave alla deriva, dato che non c’era più nessuno che sapesse farla navigare.