Delirio di Natale


Un panico mi fissa mentre intingola le dita nel pomodoro natalizio. Hallowen è solo un antipasto. Sta arrivando il temutissimo Natale. Un grande pasto si prepara. Una intingola di prosciutti e considerazioni personali sull’anno passato. E un altro anno che arriverà. Di peste nera. Ma festeggiamo. Spendiamo. Guardiamo la pubblicità della famiglia felice. Serena. Contenta. In cui tutti, dico tutti, ridono e sorridono. La festa della sincerità. In cui tutto sarà rosso.
Rosso fuoco.
Il rosso in cui Nerone vide bruciare Roma.
Tutta roma. In un rosso Natalizio da cui la gente scappava. Il Natale è morto. Il Natale scappa. Il Natale si toglie le vesti e mostra la coda e il pelo del lupo cattivo.
Baciamoci e scambiamoci il segno di pace. La colomba che toglie il peccato. La lasciva che scorreggia via tutto lo sporco. E Roma brucia. Buon Natale amico mio. Buona fortuna. Festeggia un anno d’incazzi con lo zampone e il cotechino. Abbuffati fino a scoppiare perché grasso è bello. Grasso è spensierato. Grasso è Babbo Natale. Devi sedimentarti intorno a una spugna color Arlecchino prima di capire che la peste nera non conosce mutande a pois. Quelle rosse che la tua fidanzatina ti regala l’ultimo dell’anno e che fa tanto culattone. E soprattutto fa’ vedere agli amici quanti soldi puoi spendere, quanti ne hai. Fa’ che la tua fidanzata possa vantarsi con le amiche del tuo regalo.
Questo è il delirio del capodimonte. Un ballo del quaqua. Che finirà con i fuochi d’artificio perché un anno possa morire e uno nuovo cominciare, come prima, più di prima, finché morte non ci separi.

Ballo uniforme


Voli egiziani contemplano asetticamente la trance nella quale ballo un ballo a base di banane comprate in ferramente sul Nilo. L’attimo estatico nel quale Osiride ci guarda e si masturba mi miete il grano incastratosi nel cervello a volo d’aquila. Così come mi spargo lame insanguinate sulla faccia tutte le mattine e tutte le notti.
Sogni di sirene ululanti pungolano tutti i miei sogni di catarro fondente amaro. Nel tombino infuocato mi aspetta l’inferno di una medusa sorridente che mi stringe nell’abbraccio immortale. Afrodite ci fa ardere di desiderio e la poetessa delle ninfe ci propone un’orgia con i watussi musulmani.
Ci fu un’epoca in cui Dante non era considerato politicamente scorretto e in cui la privacy coltivava un singolo carro funebre di tutte le mense anziendali.
Ecco vedo la salita sospinta dall’ululato di un infante divino che striscia come una lucertola dorata le bolle d’aria di un cervello spappolato.
Sibila il serpente tra adamo ed eva e distorce una relazione d’amore divino come un giuda iscariota ma lo fa gratis. A proposito, che fine ha fatto il serpente? A me interessa. Lui e Giuda sono i più simpatici. Giuda me lo immagino con gli occhi a mandorla mentre assaggia un pompelmo appena raccolto. Ai giorni nostri sarebbe un eroe mediatico. Come Schettino.
Violiamo il ritmo di un ragga party e guardiamo Horus nelle palle di Orione mentre lo prende in culo convinto di stare scopando. Sarà che i greci hanno imparato dagli egiziani? Domande somatiche come queste hanno fatto la storia della filosofia gay. Ho freddo ai piedi.
Mi lamento di un dromedario sotto la pioggia che accumula acqua fino a scoppiare e se la beve dopo. Perché non posso fare la stessa cosa con la coca cola?
Medusa vengo con te stringimi tra le tue lacrime di cotechino caldo tra le gambe.