Era una triste giornata di sole passata sotto il bianco bosco della Russia innevata da funghi nucleotidi che spuntavano come funghi da foglie di pelle umana sparsa qua e là insieme a pupille Stradivari che fissavano attonite un luogo di magia macabra per farne un rave party che celebrasse la voce del silenzio.
Battiamo le mani e balliamo al ritmo di un tamburo che risuoni nella savana e nella steppa e nella tundra fino alla foresta nera egiziana passando per un deserto libico e per un cuore a rischio d’infarto che non smette di battere ballando al ritmo di uno spazio cosmico. Erigiamo salive di castello. Che venga ripulito dall’onda del mare non appena un comico si erga a rappresentante dell’Unione Europea che vaga, isola nell’oceano del suffragio universale.
Tutti in fila per tre legittimiamo l’oligarchia ed esportiamola con lo sforzo di un rutto rettale. Dolore intestinale che soggiace alla lingua di un bacio in bocca. Tutti in fila per tre a obbedire ciecamente e ad esprimere il nostro languore con la forza del cerume che soffrigge in profondità nella alte sfere che temono l’attacco alla cittadella che non è mai stato così lontano, o così vicino.
Se non hanno pane, date loro brio.
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Il presidente felice
Piersilvio si mangia un piatto di tagliatelle alla puttanesca ripensando alla domenica di sesso sportivo sulle sue reti da pesca di triglie televisive. Uno stupro punitivo di capre indiane si allinea con la visione di una democrazia diretta alla famiglia di pescatori uccisi dai pirati malesi. Ci masturbiamo sul treno dell’italicum che collega Arcore con piazza Fontana e Emilio Fede con la femmina rubacuori del grande fratello della sorella della zia di mio nonno.
Mi succhio un pollice e guido felice nella poltiglia della fantasia mentre un leopardo in doppiopetto riforma il senato e gli italiani in bolletta osservano con orgoglio le psicoseghe di squali che aspettano con rassegnazione l’assalto alla cittadella. Se non hanno pane dategli lasagne, urlò la presidente della Camera alla folla di sedimenti ruttati da un vulcano in calore. Ancora oggi festeggiamo i resti lasciati dai cani affamati che risposero all’appello.