Un’azalea nel giardino di un ippocampo si vede da lontano e cresce fino a bucare le nuvole. Una vecchia signora digita il codice del teletrasporto in un pianeta lontano mentre i marziani le fanno da scorta per la diretta planetaria dal Orda di Cioccolato Soffritto. E osano i volanti dire al potere di ridere e scherzare ma precipitare da una spalla di ornitorinco.
Una coppia di patatine si erge dalle macerie di una guerra con il gasolio e rifugge le proprie responsabilità nella formazione del governo di cimici ubriache.
Prima che il gallo suoni due volte la pedana dell’università si sbriciolerà in mille pezzi d’oro liquido e berremo tutti la cocacola in un vestito da sera celebrando l’Oscar del figlio dei furori.
Il vin santo spirito prega la colazione di un paio di buoi sfittici e gongola nell’attesa di un paiolo e gode il sesso della masturbazione aerea che aspira e inghiotte libidini di giovani fanciulle attirate dal miele della svastica rotante.
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I flussi infausti delle cimici allegre
Mi alzo e vado a zonzo nei deliri dei miei pensieri e trovo Gioplano. Un biplano giocattolo dell’epoca dei nonni aviatori allo sbaraglio. Tra i giocattoli del solaio. Pulito e perfettamente pronto a volare.
Non vola finché non ci sono montato sopra. È un simpaticone. Non occorre neanche il telecomando. Basta parlargli e non raccontargli barzellette altrimenti perde quota come un sasso. Diventiamo amici planando tra le farfalle e i pollini striati di fiori che cantano inni in cori gregoriani.
Un’atmosfera natalizia ci circonda e i pinguini ci salutano. Sono venuti a cercare Madagascar ma nel frattempo si godono la vacanza marina e pescano sardine al supermercato. C’immergiamo in oceano e scopriamo una città piena di smog e piante tropicali.
Mi violento. Sì da solo. Su un letto d’alghe. È stato bellissimo. Ma come faccio a denunciarmi?
Un gettito d’aria calda mi riporta allo sviluppo costernato di pacchetti aerei che sto stampando fuliggine in un corriere postale. Una foto di biplano mi avviluppa nelle sue spire dato che mi era cascato addosso il poster gigante attaccato a una parete.
Scrivo a occhi chiusi tra il sotto e la morte, mentre le parole sgocciolano dal mio rubinetto scintillante di perle colorate e i miei piedi battono sul costume dei pirati una scopa e tressette ululati in piena prateria.
Ecco il grande Morfeo che viene a prendesi ciò che gli appartiene e mi porta con lui, una volta per tutta, spero.