Tre piedi


Ciao. Difficile dire se apro un a porta o chiudo il buco del culo, ma comunque ciao. Anche perché se no non saprei con chi fare l’amore stasera. Una partita a carte con una schiera di angeli scioglierebbe in lacrime le fruste dell’inquisizione in una macina di sale. Ma se voliamo vicino al sole ci scottiamo le palle. Non in un universo multidimensionale dove le palle hanno una consistenza di un’anima in calore.
Così, io e te scendiamo le scale dell’immaginazione e prendiamo un tè mentre ascendiamo al cielo con sette veli sul seno per proteggerci dagli sguardi impuri degli angeli. Insieme a te brandisco un madido di sudore che cola dagli anfratti di un uccello sparviero che raccoglie i resti delle mensole adibite a festa da matrimoni con belve cornute e racchie sonnolente. Annaffiamo nel vino i ricordi di un’alluvione di sperma e cotolette mentre riviviamo giocosamente le nespole di un tricheco violento, ma barzellettiere.
Ieri mi sono spinto in una carrozza con tre piedi e due mensole sporgenti. Sporgeva il viso di una regina. Vecchia e sozza. Adibita a gran parata. La vedevo sognare di farsi un cavallo della carrozza di cui era perdutamente innamorata. Accoppiarsi con lui non aveva generato un minotauro, ma solo un mini uomo che batte la testa contro la parete del letto matrimoniale. Comunque il padre non era Minosse ma un oste ubriaco che aveva fatto fortuna nel campo dell’immobiliare per andare a parare in porta durante i mondiali di pallanuoto.
E allora ciao caro, passa una buona notte, ma non uscire durante i sogni o rischieresti di non poterci più rientrare se prendi troppo freddo. Capito?