Ieri ho visto un uomo che mi diceva che mi voleva e gli ho detto fottiti tu. Ballo davanti a uno specchio che mi dice che sono viva. Prego uno Spirito Santo con cui voglio fare l’amore. Nel sangue e nel letto insieme a tarantole addormentate che si sciolgono nel nostro calore. Pustole di sperma divino si levano in fiumi di vapore acqueo e ci portano a quel paese. Ora che sento il calore di un castoro pallido capisco perché lo amo così tanto.
Sento la passione di rose violente con le quali il mio amore mi uccide la pelle di dardi avvelenati e il pesce nuota nella mia vagina spalmata di burro e cenere di cuore. Pezzi di merda che scivolano freneticamente intorno ad un orgasmo di color carne al sangue. Essi parlano a due amanti che ballano il flamenco in una terra di Mezzo portando i colori di un circo equestre in mezzo a circoncisi con gli occhi a mandragola che applaudono in un silenzio sacro.
Santo Buddha che sei circonciso con lo Spirito santo e preghi il Santo padre di trovarti qualche santo in Paradiso che possa santificare il nostro nome in nome di una tarantella tzigana e preghi. Perché preghi e non scuoi un bue tra tante puttane con le quali hai passato la notte? Mi agito nella notte tra buio e silenzio facendomi masturbare dalla solitudine che sola, mi fa compagnia. Un’amica discreta che suona il violino e non chiede niente in cambio, solo di essere amata, almeno da qualcuno.
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Il poeta delle eresie
Sorvola una preghiera di zolfo. Una grande intesa tra il Paradiso e l’Inferno permetterà a Dio di governare ancora sulla crisi planetaria che ha causato lui stesso a forza di sputi al tetano. Rosalia 58 anni si masturba davanti ad una garza e a sei cerotti bianchi col ditale della nonna ma non riesce a venire perché deve fare pipì.
Il partito del KK si contorce i muscoli facciali e le budella attorcigliate attorno all’intestino tenue che sorride tenuamente e tenuamente si irrigidisce per spiegare a Budda che le tagliatelle al ragù non le possono fare i monaci altrimenti a lui gli sparisce la flora e la fauna zoologica.
Perciò Luana decide di diventare ministro della repubblica della banana split, un po’ come giocare a bocce col morto, tra una capinera guasta e una fronda di lumache e fa l’amore con il marito così come l’ha sempre fatto, mentre lava i piatti a luci soffuse con la musica della lavastoviglie sul fondo e otto orgasmi di fila. È l’unico modo per riuscire a dormire per una notte senza sognare Dio che esplode di burro e panna.
Marco si gratta le unghie e fila sul tordo di una noce moscata bevendo un succo di flanella nella morte rapida di un dipinto variopinto.
La masturbazione di un sacco di farina
Il livello alcolico di un’astronave vagante per cieli e per mari si fonde con la cometa di Halley e piange un delirio in forma di flauto di Pan. Mescolando le parole e aggiungendo zucchero e burro ottengo una massa informe di patate dolci e mielose che godono all’orgasmo latente di una molecola di cipria. Il desiderio in tutte le sue forme violenta la fame nel mondo.
Una fame fatta di zucchero a velo. Una dolce espressione di rabarbaro alla frutta. Un liquore che scende nel ventre della madre e scoppia in mille scintille. Yvonne mi guarda languidamente e misura le fattezze di una statua di bronzo scolpita nei suoi occhi di metallo che riflette la vita non vissuta.
Due lacrime le colano dagli occhi vitrei mentre la morte attende pazientemente in sala d’aspetto. I medici guardano un processo di pietrificazione in atto senza poter fare niente. Un silenzio di musica techno si sparge e le anime dei morti cantano e ballano discretamente in un ospedale che ospita lucertole e camaleonti in camici azzurri. Tutto senza verità e senza un pallone aerostatico che attraversi il sistema solare e raggiunga l’astronave nel suo delirio alcolico.
Uno sciame di vespe si gode lo spettacolo dall’ultimo piano del loro ufficio insieme a coleotteri che bevono champagne e ballano il cha-cha-cha.
Un’ostia val bene un pugno in faccia
I nervi saltano come corde di una chitarra di burro al canto di un usignolo epilettico. Ecco che vola nel cielo azzurro. Ecco che muore nel cielo azzurro. Ecco. Esplode. Di birra e vodka.
Un usignolo russo che sfreccia nella metropolitana moscovita.
Prendo in mano la musica di una felicità sconosciuta. Mi metto un naso in ammollo per un minuto quantico.
Fratello sole e sorella luna e puttana. Ti schianti contro un toro in calore senza reggiseno né peli sulla lingua. Senza brandelli di cervello infuocato di traverso a uno steccato dove si appende la biancheria di un ranch attaccato dai coyotes indiani.
Insediati in una discoteca si muovono sinuosamente in gruppi di sciacalli e saltano da una droga all’altra mentre il sole gli cuoce il cervello e la polvere di coca del deserto gli entra dalle narici e va direttamente a contatto con le feci fermentate in gola tra cancri e duodeni a forma di salsiccia.
Erotico blues ti muovi e fai muovere un opossum fumato tra un manga mal digerito da un ranger in cerca di cacciatori di taglie ritagliate da un giornale delle giovani marmotte.
Mi masturbo con un elastico e viaggio nell’universo con la facilità di un orso bianco, mentre l’insonnia mi divora la cervice e l’alcol mi nutre lo spirito santo di un vaso di vino giovane e bello come Penelope che adescava i Proci promettendosi a ciascuno di loro.
Odo la voce di un canale episcopato. Genera calore nella radice delle corna. Arturo si fida. E si butta a capofitto nel nuovo lavoro. Deve ricoprire la Nigeria di sperma di gallo nero. Ha tutta la vita davanti. Può farcela anche facendo attività di controspionaggio pregando Dio che lo benedica in un coro di angeli che non siano gay.
Carrube
Rane si scindono ai cancelli di burro al cioccolato. Un esercito di liberazione della scocca anti acida piange lacrime di sperma laterale. Inventandosi bocche da sfamare le rane rivendicano il loro diritto all’omosessualità.
Ed è così che le pulci dell’universo si chiedono il senso della loro esistenza mentre vanno al cinema con la fidanzata. Il corno di babele s’inalbera vistosamente e perde i capelli che diventano girini rosa pallido.
L’umanità scorreggia e l’universo è attonito. Mi accorgo delle palle di pelle di un asino ebreo circonciso che legge la torah con interesse e gli chiedo “Ma l’inflato non ti solfeggia lo scroto?”
“Aiutati che il ciel t’aiuta” mi fa e mi rivolgo quindi al sole per illuminarmi d’immenso e ispirare i radi peli di Flash Gordon che decanta la Divina Commedia davanti al Monte dei Pascoli amari, mentre un serpente scivola dietro alla suora in preghiera. E la stupra senza che se ne accorga. Salvo un po’ di spavento quando vede uscire un boa dalla vagina. Pregando dio che la cosa si ripeta più spesso dato che sono state notti felici.
Non ti dimenticherò, spugna della mia vita. Voglio riempirti con la mia anima. E con i miei occhi.
Amore delle mie spire passami la birra che devo bere rane e sperma di una vulva concreta. Passa il tamburo nelle mie vene e annuncia l’annunciazione che annuncia il rinascimento della specie delle morene nere. Occhi neri e sorriso da cane randagio in cerca di sesso.
E una cagna in calore in cerca di un cane da mangiare. E di uno scroto da aspirare.
Cala il sipario di una commedia infernale che erode godendo il santuario delle nozze gay.
Faccio la comunione da una suora lesbica.
Bello così
Mi ritengo una satira espansa. Un giocatore di tutto rigore. Uno sputo che va in gol. Mi ritengo e mi ritegno. Sono una castagna che brucia nell’immensità di uno stracotto di patate. Ma è bello così. Letale. Una cazzata in salsa di noci e una preghiera che dice Fischia che ti passa. Una rondella di fieno solletica le tue narici. Una farfalla agitata si siede sul tuo cuore. Battelli al vapore attraversano la Senna in cerca di guai. Un fuggiasco d’amore s’incatena al luna park e urla Venti baci un centesimo. Una pasta corpo a corpo sinuosamente sinuosa sfreccia in minigonna per le strade nere di pece.
Mangio un’ostica di pelle di burro e l’assorbo nel corpo che si riempie di macchie rosse che bruciano e fumano (sigari cubani).
E perché no?
Mangio un mango sfittico ed eticamente scorretto
Mangio leccornie di scarpe verdi con suole cosparse di burro e marmellata di scorie radioattive che scoppiettano mentre soffriggono e soffrono di ernia genitale.
Il gallo ride due volte e la piattola si siede sullo sperma di un cane che puzza di acido muriatico
Cristo si fermo’ a Eboli poi non fu più capace di fumarsi una sigaretta in santa pace adorando il dio delle scarpe rotte dato che non ne aveva più di aggiustate e s’era fermato per ripararle.
Asfittico infinito essere di terrore che dici di essere una crosta di lucertola, cerca di essere più zuccherato di una banana per considerare il gesticolio di Chierico che ride davanti a una scena di sangue infetto.
Riprendi la lotta e insanguina il lavello mentre scendi da una scala di croste di formiche e pisci su una televisione digitale che merita il trattamento lento e ti arrampichi su un marciapiede di cioccolato fondente. E ti vede il pazzo che ride. E ride. E piange. Di gioia. E di gambe rotte. Forse all’ospedale riderà meno, ma no, macché, ride più di prima mentre lo operano, nonostante l’anestesia da cavallo.
Bulimico
Dopo aver coltivato piselli per tutta la vita mi butto in mezzo ad un campo di banane che si danno battaglia e sottintendono un rifugio antiatomico. Mi perdo così in un sussurro antistante la comica padella mentre la pelle si stura i broccoli di pus che fuoriescono spruzzati via via sempre più su da conati di rabbia. È così che incontro un personaggio che plana nel cervello e romba e atterra anzi si sfracella al suolo. Era solo un personaggio venuto male, tanto vale farlo morire. Avanti un altro. Sento la puzza ancestrale rubare pezzi di rosso bovino ad un toro da corrida. E immagini che sanno di burro fresco si stagliano contro la mia pupilla oculare e prendono a danzare un tango argentino con una rosa tra i denti. Mentre un barrito d’elefante cosparge il suono di melodie acute.
E la notte scende a mascherare di spettri fantasie lontane di lontre e lapislazzuli annegati in acque preistoriche mentre il grande direttore d’orchestra dirige il vuoto pneumatico di una centrale elettrica in mezzo alla savana.