Una verità corrispondente


Getto e rigetto nella verità corrispondente. L’indice di Kron tesse la sua tela sulle riforme giocando a ping pong con il buco nero, quello del culo di un nano bisex. Intanto sbarcano le barche dei marinai dell’esodo benedetto da Dio. L’ira di Kan si scaricherà sulle teste dei vichinghi dalle corna lunghe. A forza di cannonate spareranno contro i civili che sbarcheranno a milioni e a milioni mangeranno da Mc Donald. E si moltiplicheranno per la gloria di Allah. E faranno torri di pelle umana per raggiungere Dio e non si piegheranno davanti al celodurismo del cerchiobottismo del comunismo capitalista. Col socialismo si puliranno i denti la sera e se hanno fame e non c’è pane allora che mangino brioche.
L’assalto alla cittadella verrà manovrato dalle lunghe mani dei pidocchi della city finché la classe media non si sarà fusa le mani in un forno crematorio e la Merkel si chiederà dove ha sbagliato.
Jennifer vuole una patatina fritta ma Poldo è attizzato dalla Merkel che si sogna praticamente tutte le notti e vuole fare un bambino con lei. Sogna e vomita, nel talamo nuziale fatto di ossa di foche nane e miele di pesce Ape. Sì, quello della Piaggio.
Scherzo. Ma volumi di Tasi, Imu e clavicembali suonano in un orchestra che canta il Silenzio di una capinera in volo verso righe di coca.
Domanda. Perché? Risposta. Non è questo il punto. Il punto è che le torri gemelle non sono state tirate giù dal dipartimento di Stato, ma da Saddam Hussein, prima, e Bin Ladin, poi. In modo che si andasse a fare un giro da qualche parte.
Se Parigi val bene una Messa siam sicuri che la Messa vuole andare a Parigi? Insomma. Ci siamo capiti, no?
Un missile russo
e un’indiana nuda
Un Valpolicella classico
e un ministro in mutande
vanno
insieme a far spese
in centro e trasudano oligarchi
cogliendo un fiore
che non fa primavera
ma quando il Senato non sarà elettivo
noi diventeremo ricchi per merito dell’articolo 2.

Una mattina con brio.


Era una triste giornata di sole passata sotto il bianco bosco della Russia innevata da funghi nucleotidi che spuntavano come funghi da foglie di pelle umana sparsa qua e là insieme a pupille Stradivari che fissavano attonite un luogo di magia macabra per farne un rave party che celebrasse la voce del silenzio.
Battiamo le mani e balliamo al ritmo di un tamburo che risuoni nella savana e nella steppa e nella tundra fino alla foresta nera egiziana passando per un deserto libico e per un cuore a rischio d’infarto che non smette di battere ballando al ritmo di uno spazio cosmico. Erigiamo salive di castello. Che venga ripulito dall’onda del mare non appena un comico si erga a rappresentante dell’Unione Europea che vaga, isola nell’oceano del suffragio universale.
Tutti in fila per tre legittimiamo l’oligarchia ed esportiamola con lo sforzo di un rutto rettale. Dolore intestinale che soggiace alla lingua di un bacio in bocca. Tutti in fila per tre a obbedire ciecamente e ad esprimere il nostro languore con la forza del cerume che soffrigge in profondità nella alte sfere che temono l’attacco alla cittadella che non è mai stato così lontano, o così vicino.
Se non hanno pane, date loro brio.