Anime morte si agitano nel loro talamo coniugale per far nascere una lontra del desiderio in maniera che si congiungano in un amplesso macabro ma rinascente che generi una lotta di batteri spungiformi. Giocano a tressette i nani della miniera di diamanti che trasformano il diamante in merda artificiale affinché si possa fare la polvere di metano da usare nei peti di maiale ai funghi.
Pulcinella s’incazza e urla per la strada che Dio è frocio e viene denunciato per omofobia e fulminato sul parapetto della casa da una polmonite fulminante, appunto. E diventa ermafrodita sadomaso. Appende gli sci al chiodo e forma un’armata Brancaleone per brancare il livello informatico di Telecom e fornire indirizzi utili ai terroristi islamici. Droga, sesso e potere, questa l’alchimia della politica, questa l’alchimia che utilizza le feci e le fa diventare rose e diamanti.
Mani rugose sormontano la sua pelle e Biancaneve si scioglie in un amplesso di gruppo di ornitorinchi ubriachi e ne sovrasta uno per mungerlo bene e succhiargli il latte piccante goccia a goccia in una taverna di legno e marmo colorato di rosso Ferrari.
Una lacrima scende sul pazzo che ride. Scende dal tamburo che batte un coro di oche stanche di abbattere mura di struzzi lerci sotto il pavimento di una chiesa ricostruita per l’arrivo del papa triste.
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Canta l’uccellino di Dio mentre Odino fa il brodo di cavallo
Una nube oscura si accende nel mio nasino e tuona una violenza d’agosto senza padreterni che soffino sulle candeline del mio compleanno. Non posso piangere, ma comunque prego e forte e dormo su chiazze di sangue del mio nasino carino. Nel nome del padre, del figlio e di una Madonna vivente ma nata morta che urina nel piatto di pastasciutta della sagrada familia. Sempre e docilmente. La parola fu luce e luce fu serpente. E allora tu, tu, non piangere. Ridi canta e balla prima che lo spettacolo finisca senza un applauso.
Parole buttate come cenere d’agosto. In una piattaforma Windows che non aspetta di accendere la luce di un buttafuori che ti buttadentro a un cestino della Valfrutta, molto densa che aspetta le larghe intese di un burattino senza fili che ci porta nelle braccia di Biancaneve sotto i sette piani. Piani d’argento e apostrofo. Di un corridore che fatica a respirare durante una discesa negli inferi danteschi e ci trova proprio Dante. Ma che sfiga, fa il primo, Puoi dirlo forte fa il secondo, se lo sapevo col cazzo che stavo a scrivere tutta la commedia.
Tu, topo di fogna, rispondi alle domande che ti sfiorano il cervello nei momenti alcolici in cui ti vomiti fuori lo schifo di cui sei ricoperto. Oppure beviti l’ultimo drink quello prima di crepare in mezzo a una montagna di clark. Odi Odino la balalaika di un marocchino ubriaco di fumo e giarrettiere arcobaleno spinto a mano da Dio. Odi e non fingere di non morire ogni volta che una nota di Verdi sfiora il tuo Rigoletto guercio e la tua barba rossa sfrigola davanti al batacchio rosa di una primula che canta l’Osanna nell’alto dei peli di capra lesbica.
Quindi, caro topo, non ridere se tornando a casa tua moglie ti tira una padella in faccia, lo sai che i cavalli non telefonano così spesso neanche quando sono in giornata. Per cui tieni il piede in folle e metti in moto che stamattina sei in ritardo per lavorare.
Un’onda
Un rimbalzo da palla da basket e un cesto da tre punti si alza la folla e si chiude la partita. Un’onda di euforia contagia le menti di ramarri attrappiti. Volano le farfalle in mezzo ai giocatori di una roulette russa in cui chi muore si spara per ultimo.
Tracassette si beve uno sballo per urlare la sua gioia davanti all’orda. Furore e alcol scorrono nei laghi di una lupa mannara in pensione da dieci anni. Un appartamento pieno d’incenso scoppia in mille petardi e volano gli uccelli nell’alto dei veli e bruciano le menti degli uomini di buona volontà in mille scarpe nere.
Un fiume musa giocondo e rutta un odore di salame stracotto. Il pescatore nella sua barca ondeggia beato con un sigaro in bocca aspettando un miraggio finché una balena abbocca e lo porta con sé. Di tutto cuore.
Agito il salnitro con lo zolfo e il piombo e faccio scoppiare una miccia che ritarderà lo scoppio del nucleare e ritorno di corsa all’albergo dei sette nani per abbracciare biancaneve in un pertugio solenne.
Boh.