Rogna sogna una fogna incantata di Nuova Delhi.


Una Santa schiera di angeli si appresta a friggere il brodo di spugne di latta e bevande fresche di lattice bianco appena spremuto da un arrosto caldo di seni appesi alla campana della chiesa. Un gregge fedele si appresta a intonare l’Ave Maria in una spiaggia nudista e assolata della bassa ferrarese e s’inoltra in terreni molli e sconosciuti di gravità zero. Mi sposto di lato e cado su un arbusto sottile che mi attraversa la spina dorsale.
L’interstizio di una duna grigia mi guida nell’antro di un supplizio tra croci uncinate e rivoli di metallo pesante. Il prurito solletica la mia Rosanna nell’alto dei cieli e una matassa inviperita si snoda lungo tutto il mantello di Batman, mentre le lodi di colletti bianchi s’innalzano nell’alto del girovita di una baldracca putrefatta. Ridiamo in coro per una grigia cornacchia che monta le spalle di un damerino di corte del sole e scivola in un selvatico torrente di macchie di troie al pascolo in un fango che luccica di diamanti e perle non commestibili.
Svengo dolcemente in questo lago di trote e lucciole che illuminano la specie in via di estinzione di un umano con le pinne che esplora l’Atlandide dei suoi sogni erotici. Un posto dove l’amore trionfa sulla guerra e il pane sulla mignotta. Sento un coccodrillo sulla mia pelle e l’attrito mi eccita e gode della progressiva bruciatura sullo scroto di un pappagallo in calore sulla padella di una frittata immensa di gioia e scatenaggio infrapalle. Prego che una ludica essenza di farfalle non mini nell’interiorità la solida definizione di deretano che ci gira e rigira tra vortici di centrifughe cumuliformi che cantano in coro l’abolizione della schiavitù.

Una troika batte le spade di lana sulla faccia del morto


Una Madonna grigia sputa sentenze in questo giorno di letizia. Silvia butta l’ancora al di fuori di una saetta mobile di batman per svenire e farsi soccorrere dal pirata della strada. All’attacco miei prodi e mostrate tatuaggi con l’insegna della cocacola. Anche tu beone da strapazzo. Un’arpa di gioia mi strappa dai miei sogni. Incubi di piacere scorrono tra le tue braccia mentre ti distendi su di me per penetrare le molli carni di un sospiro d’amore.
Un’ansia che origina da Saturno gode della tua verginità e desidera il tuo timore di essere giudicato per rifarsi una dormita tra le braccia della luna incostante e lunatica. Dormi bambina mia tra le braccia di una suora vergine e di quante come lei decidono di vivere una vita tra le braccia della morte abbandonate su prati e toilette da madri drogate e batuffoli di cotone.
Piango per la morte della mia anima e soffoco in uno spazio tempo che non è il mio ma dell’imprinting ricevuto finora in una marcia funebre che esplode nei piedi di un gallo d’oro senza incidenti spaziali. Woody Allen abbraccia una pecora per fottersela ancora in piedi davanti alle bianche scogliere di Dover. Insieme camminano mano nella mano per non pestarsi i piedi in un tango argentino che mangia la polenta.
Buona notte amore mio.

Conati? Sì, dica trentatré.


Ammazzo un cavallo e torno. Mentre mio marito si trastulla il pene con una sudafricana di cape town io posto un importante fiume congolese sul mio blog e decifro le tredici bare che volteggiano sulla mia testa per atterrare in una capanna solitaria e fare l’amore col pastore di anime. Una vulgata che si adegua al matrimonio delle cause civili non può dirsi veramente surreale se non lecca i piedi alle suole ammattite di una capinera.
Trentatré gatti si masturbano in coro sui tetti di una parrucchiera mentre prova le parrucche alle malate di troppa carità per affondare un martello sulle spalle di Batman prima che si trasformi in un vampiro e poi in un pipistrello sorridente che fa il ditino.
Una nuova Zelanda vogliamo. Che ci protegga dal massacro che si prefigge la baronessa rossa che ci guarda dall’alto del cosmo in tunica e mutande dal cui buco passa una lunga coda da lucertola marrone e nera.

Un sostegno nella vecchiaia


Divo sostieni una montagna di carta igienica e voli sottendendo la piantina asburgica di un tetto che ti casca sopra la testa e crolla in lacrime fendenti la materia che impasto come la pizza. Io narratore onnisciente mi diverto a giocare a fare il creatore e il disfare del semaforo della vita eterna.
Il polipo a mille braccia si stura il naso e si masturba il buco del culo mentre una nuvola di fumo intercetta le sue papille digestive e lo fa vomitare zucchero filato. Un vomito più dolce del miele. Ore diciassette e quarantaquattro, e mezzo. Il tempo fila come un rasoio sulla mia faccia da culo. Imberbe e scatenata.
Il rasoio scorre. Liscio come l’olio d’oliva psicodelico. Creature del pianeta marmellata si misurano i seni caducei e appendono le loro memorie a damigiane di birra che scatta fotografie di momenti d’incoscienza psicodelica. Penetra in tamburi di mente onirica e senza alcun significato. Rumore assorda le mie orecchie.
E dio disse, e dio disse, e dio emise un suono. Prima il tuono, poi, poi, poi il fulmine. E luce fu. Il senso di spazio s’impadronisce di locali notturni mentre un’identità violenta s’impossessa della mia coscienza inconscia e comunque non raggiungerà mai il nirvana. Sono solo un carnivoro puzzolente che non significa niente in un grande nero appeso alla galassia che vomita pece nera in ogni secondo che collassa in buchi neri, nero è nero ritornerà. Segmenti di bit cercano di trovare un equilibrio all’interno di televisori di transistor per cercare di raggiungere la divinità e colmare il digital divide tra nord e sud Italia. Marocchini si lisciano il pelo tra marmotte ricorrenti un piato di sugo al basilico.
Fino alla fine del tempo. Fino alla fine del tempo. Un suono di note stonate s’intrecciano ai miei neutroni e piantano chiodi nei crateri lunari formatisi tra le giovani marmotte. Mentre un cucchiaio di pasta si masturba pensando alle cozze bollite nello strutto di liposuzione. Una scia rossa di sangue scarlatto si tinge di blu pensando a quante carte da poker ha distribuito nella sia corta vita da broker. Scommesse e cavalli. Cavalli e scommesse nitriscono insieme in un coro dell’Antoniano gridando a squarciagola “la vendo per un franco”.
Una mucca bela come un tacchino spremuto a viva voce su una roccia di bromuro espanso e la toilette tira l’acqua insieme a uno stronzo cotto a spuntino. Salsiccia domestica che violi il territorio dell’acerrimo nemico joker in modo che finalmente Batman sfoghi la sua omosessualità altrimenti che su Robin. Oggetti a volo pindarico s’insinuano ridendo nello spazio tra due transenne di una manifestazione di polizia che carica se stessa a cavallo.
Esogenesi letale. Vita da Marte scende vistosamente. Alieni abbronzatissimi si distendono sulla spiaggia in attesa di formare una comitiva di asparagi body builder.