Un gatto siamese si stende tra le stelle e si liscia i lunghi capelli da hippy.
Era Ontario: il gatto OGM di miei vicini che l’avevano raccolto dal porto dei Servi dell’Ancora Galleggiante.
S’era perso dopo che l’avevano scaricato in mare insieme ai rifiuti di noci di cocco. Arrivato a riva a forza di zampe, il prete della Parrocchia di Cristo Lungimirante lo regalò a de poveri cristi. Ed eccolo qui. Biondo, occhi azzurri, una coda a forma di parallelepipedo e zampe che volendo, possono girare di 360 gradi e fare da elica permettendogli di gareggiare con qualsiasi barca a vela.
Riuscivo sempre a batterlo scacchi, ma mai a poker e sapeva recitare a memoria i primi tredici canti dell’Inferno.
Eravamo diventati amici perché io lo consideravo intelligente per essere un gatto e lui mi considerava simpatico per essere un umano. Mia sorella lo trovava persino sexy e, col fatto che era un gatto, nessuno ci trovava niente da ridire sul fatto che ci dormisse insieme. Solo che nessuno aveva mai visto il cetriolo che gli veniva in mezzo alle zampe quando la guardava o parlava di lei.
Io sono uno che vive e lascia vivere e non lo raccontavo a nessuno, almeno per ora.