Mi perdo in un clavicembalo suonato da fiori di angeli che si perdono in una masturbazione solitaria amando se stessi come il loro prossimo. Essi erigono torri di Babele a night shop di rave notturni in pieno centro a Parigi. Un’emozione lunga un millennio accompagna le cascate del Niagara tra turisti pelati e mogli con gli occhiali dalla vagina frigida in un’impotenza puritana che scava le anime e le rende perfetti ingranaggi del sistema. Occhi sgranati davanti alle piramidi che volano in assenza di gravità e a pellicole che stampano su carta quello che gli occhi non possono vedere per non dimenticare, per continuare a vedere e a morire senza colpa.
Un clavicembalo stronzo continua a suonare le mie orecchie filando e tessendo la tela a colpi di mortaio che provoca esplosioni di felicità e conati di vomito nelle mie vene.
Vortici siderali dimenticano le mie sensuali compagne e sciolgono spalmate di nutella in obici da cannone per lubrificare il preservativo tra una risata e un amore etereo con prostitute quindicenni.
Preghiamo il coro degli angeli che votano insieme agli uccelli di rovo per il movimento a stelle e strisce mentre una musica araba mi porta indietro nel tempio mesopotamico di una bibbia che costituisce le basi della nostra Repubblica dei valori.
Ma allora dove si inserisce la vite contro l’obsolescenza programmata quando noi stessi siamo programmati per morire?
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Alieno
Una vita passata tra voci incallite di nicotina ingiallita. Una punta di diamante che rimbomba nella tomba delle scale a ritmo hip hop. Un urlo si spande. Una sigaretta tra le dita di un ippocampo. Cade insieme alla pioggia dal tetto di un uccello deforme. Scorie nucleari attingono risorse alla fonte di un cancro che si espande insieme a gocce di lacrime e al sale di una stagione televisiva che finisce e ricomincia sempre uguale, sempre diversa, sempre e per sempre. Mi dispiacerà morire solo perché mi perderò il seguito della mia serie preferita. Solo per quello. E voglio fare l’amore con Miley. Dalla torre di Babele. Perché mi difenda dalle ire di Dio. Che balbetta parole sconnesse.
Sono fratello delle tribù d’Israele. E ora parte la pubblicità di una nave aliena, da comprare perché è la versione 5s. Quella con il motore antimateria e i cannoni di nocciole e proiettili di prugna secca. Che fa andare a cagare velocemente. Controllo il pannello di controllo. Chiamo Schettino e gli dico che va tutto in malora, ma lui è già lontano, col corpo, non con lo sguardo e mi saluta con il suo famoso saluto “Vabbuo’” e io lo saluto col mio famoso ditino verso l’alto.
Una mezza sega che ha sulle spalle il destino del mondo. Una difesa che lo reintegra nel corpo di un verme gli permetterà di pregare il suo Dio per il fango che ha digerito.
La pelle mi si squama e il rettile prende il posto del ragno.
Sento che il sonno ipnotico sta finendo. Prendo coscienza in un mondo alieno.