Il gallo canta due volte (e poi rutta)


Mi rachitizzo in una rucola acida di saltimbanchi col palinsesto fuso da orecchioni vampireschi e corna fritte.
Antonia si sforuncola un abito da notte di lino pregiato e condisce la pasta di vermi froci in zuppa di lenticchie lesbiche che sognano di essere un cane pieno di pulci che si masturba davanti a uno specchio deformante. In un’orgia di pleniluni Antonia sfoggia la conturbante pelosa alla festa della civiltà che si tiene due volte l’anno alla faccia della crisi dove il vello d’oro celebra la propria sensualità davanti a una folla affamata.
Urla di avvoltoi piangono gli sfarzi dei tempi andati e rivolgono alla Madonna la preghiera di una dolce gabbana che si satolla la vagina del fuoco dell’inferno e bacia pudicamente la bocca di una vergine sifilitica.
Bravi. Complimenti vivissimi al coro di pavoni sconsiderati e allegri che raccolgono voti per contribuire a spargere la fame nel mondo e ad imbandire la propria mensa alla quale accogliere i poveri a Natale.
Antonia alleva la prole in un pollaio di sterco di bue e gioca al gratta e vinci. E canta.

Lasciva


Masserizie si comunicano dell’assolutezza della balena bianca che ride insieme alla luna degli orbitali contenti di avere un’ancora di salvataggio in un mondo osceno. Enrico si guarda allo specchio e canta “Bandiera bianca”.

Si guarda il viso piccolo con occhi da serpente, sormontati da un’enorme stempiata in cui le orecchie fanno da paravento. Un naso aquilino completa il quadro alieno e magnetico. Finisce di darsi lo smalto alle unghie. Si mette i reggicalze e va al lavoro per ripulirsi di una giornata d’ufficio interminabile.

Mentre si dà il rossetto e si aggiusta la parrucca biondo platino, si carica d’oro e si lascia molleggiare le dita in nuvole di metallo argentati.

Fluttuante, nella barbarie del mondo sui suoi tacchi rossi e spillo, fatti per essere leccati. Fatti per far urlare di piacere gli stormi d’avvoltoi che lo blandiscono con mille grazie e mille denari. Era la più richiesta del quartiere.

Si faceva chiamare Mille e una notte visto che costava mille euro per una notte, ma una notte con lui, ne valeva mille.

Di giorno era il rag. Enrico Angelini, stimato commercialista delle più note società della regione. Aveva due appartamenti e due vite. Quando lavorava di notte arrivava in ufficio di pomeriggio e per la moglie era in viaggio d’affari.

Se lo scoprivano mollava lo studio e lavorava solo di notte. In tempi di crisi meglio due lavori che uno solo.

Sciarada di spine


Un fruscio di mosche agita il mio cuore.

Mentre decido se mettermi un dito su per il naso o su per il culo mi trastullo il pene con la fantasia di una sciarada di leggiadre femmine d’arabia. Sono immerso in una piscina quando vedo una tempesta di sabbia e mille sparvieri all’orizzonte.

Sparvieri che piangono si prostrano davanti alla statua di un filosofo greco di nome akariokostoulos cibromante. E pregano il fato di liberarli dal coma serpeggiante nelle loro scimitarre che non bevono più il nettare del fuoco lento. Decido allora di dirottarmi su Arkaba e nuoto dove gli avvoltoi contano i morti di un bombardamento rivoluzionario con armi così intelligenti che hannno fatto esplodere menti fertili durante una partita a scacchi.

In questo parossismo di centimetri non mi gira la testa e non chiamo aiuto e non corro urlando nel deserto.

Là dove nasce la pioggia mi distendo e aspetto di bruciare al sole cocente ripetendo passi della bibbia infame davanti ai miei occhi.

Mi guardo allo specchio e mi spavento.