Intreccio le dita di file di fiori su catene spezzate e una voce da bambina mostra il suo corpo nudo sulla catena appesa da una prigione di cacca.
Novecento si immerge nell’ultima onda d’acqua e nuota con i folli presagi di un pianoforte che lo insegue e lo suona alla velocità di una sciarada di vespe che cantano una lirica di parrucchiere.
Intreccio peni e salami in un salumificio giapponese dove scorrono le rotaie dei sensi sottoforma di peli pubici attaccati a manette che pendono dal soffitto e fruste che accompagnano dolcemente le fusa di una gatta strabica che non riesce a leggere i promessi sposi senza piangere di gioia durante la peste bubbonica e spera che muoiano tutti i personaggi tra urla e spasmi notturni.
E urlo svegliandomi all’imprevisto in mezzo a saggi urlanti che urlano in coro un Amen alla prateria notturna e vagano lentamente con la coda a forma di cactus tra porcospini e iettature di zenzero a pomice atomica
Funghi si spargono in tutto il mio corpo e prendono possesso dello Stargate del senso, ma no, non cercare di trovarne uno, no, non farti venire il mal di testa, no, non uno, ma centomila, centomila lire, ti ricordi? Quando eravamo ricchi con centomila lire? E un ghiacciolo enorme ne costava cinquanta? Medioevo dice Felice e ora siamo costretti a comprare lo smartphone per risparmiare sul computer, e lecchiamo l’i-pod al limone e scarichiamo una app per farci avere un orgasmo così risparmiamo sui ristoranti di S Valentino. Sbattiti una lacrima amore mio.
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Il discorso della buona fede
Mi sono iscritto all’Università della fede. È un progetto divino. Si tratta di immaginare un mondo diverso. Quello di domani mattina. Il mondo migliore. Prego ardentemente. Nel senso che prego sulle braci accese. E ardo. Prendo fuoco sul serio. Mistero della fede. Domani ci sveglieremo cotti a puntino. Avremo bruciato il vecchio e acceso un cero al nuovo. Io mi sono attrezzato con arco e frecce incendiarie. E di preservativi bucati.
Il grande capitolino ci farà il discorso di fine anno. Oramai lo fanno tutti il discorso di fine anno. Per la gioia di milioni di telespettatori. Io propongo che tutti facciano il discorso di fine anno. Un discorso delirante per tutti. E mettiamo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra.
Cari fratelli, elettori, cittadini. Cari pantaloni dalle tasche vuote. Siamo molto soddisfatti del vostro comportamento, pacifico e pagatore. Siamo contenti che la vostra principale preoccupazione sia pagare le tasse alle giuste scadenze. Da buoni cristiani dovete pensare al benessere dell’altro e porgere l’altra guancia e non il forcone. Noi vi ringraziamo dal profondo del nostro pancione. E mangeremo e berremo champagne alla vostra salute. Perché finché sarete in salute potrete lavorare e pagarci le ferie. Rendiamo anche grazie a Dio per la fortuna che ci ha dato di avere qualcuno che paga i nostri debiti al posto nostro e ci dà la nostra escort quotidiana. Affinché il futuro sia sempre così noi ti preghiamo e ti rendiamo grazie. Amen.
Uno splendido sole marcio schizza sperma rosso sangue
Dentro un miraggio californiano esploro la strada che mi porta alle isole del santo bevitore. M’immergo in una ruota cristiana mentre il vento sfracella un materasso sifilitico.
Reggo una chiesa intorno a me, mentre croci danzano la polka e partoriscono mostri policronici.
E la torre di Babele beve Coca Cola Light in un variopinto muro di Berlino dove ebrei e coleotteri danzano succhiandosi il pollice, lì dove una sirena della polizia seduce pescatori ignari dell’amore di una bambina che ride.
E danza.
Suonando una chitarra elettrica in un volo Ryanair.
Preghiamo insieme e diciamo “Vai e buttati in una mensola d’oro e caga otri di vino rosso affinché noi possiamo bere la sorgente della verginità.
Noi ti preghiamo.
Amico nostro e fratello di mille vergini che come fiori neri aspettano su fichi d’India e spine di rosa tremula.
Dacci oggi la nostra carne celtica e pisciaci addosso dicendoci che piove, e amen”.
Ebrei e negri si fondono insieme mentre la lingua si scioglie nelle bocche appassionate di figli della dea Alluce.
Sapienza divina che presta il sesso al dio per benedire ogni fedele del santo bevitore.
In una gioia rido. In una risata cago. In una cagata muoio. Felice come in un orgasmo eterovaginale.
“Ti ringraziamo per questo bicchiere di ambrosia che sa di liquido riproduttivo. Sorgente di vita e di coca cola. Fonte di happy hour e spregevole seno a coppa di champagne che sprizzi nettare degli dei”.
Mi sparo in bocca davanti al mio sintetizzatore cantando Alleluia Ryanair hare hare hare…