Un granello di sabbia odora il naso di un plutocrate tedesco che ulula ai monti del Tirolo per un Dixan a cielo aperto
Il senso snello di una bilancia portatile ti mando via Amazon nel mondo della magia virtuale, basta che digiti la password
Cornelia si stuzzica un marito tra le gengive delle labbra pelose e stringe la sigaretta tra labbra umide e untuose che gettano zizzania all’unto del Signore perché in fondo la nostra vita è solo una cazzata, no?
Menti. Perché mentire è una delle cose più vietate e piacevoli al mondo, soprattutto per colui che non deve sapere la verità. Che gli farebbe male. Troppo. E allora sii un benefattore. Perché l’emozione è un flusso d’amore che non si può fermare solo a causa di una verità.
Illusione, speranza ed evasione giocano a briscola nei sotterfugi antiatomici di una pentola a pressione spinta, molto spinta. Fanno una crema di asparagi che sottomette l’umanità che striscia credendo di volare tra gamberi ubriachi. Ed è così che io e te ci scambiamo lingue voluttuose che girano e rigirano attorno all’argomento, solleticandolo nella punta fino all’orgasmo. Questo è il succo della storia. Tra bianca neve e i sette nani. Una droga per cervelli che non tornano. Una coca cola che rigurgita calore e magma.
Un’ostrica tra i denti t’impedisce di deglutire come si deve e un conato di vomito ti spunta tra le dita dei piedi. È per questo che ti amo e ti voglio sposare. Ti regalerò attici di verruche e pomelli di pomodoro incastonato nelle pareti alla panna. Aspettando Babbo Natale per spremere le meningi del cocco bello cocco.
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Una scarica di urina per fissare il tempo nell’orologio
Mi si secca la lingua a forza di sbavare tra angoli di rifiuti del tempo. Medico le ferite dei cerotti di carne arrostita che tornano da una guerra di capre comuniste e draghi di cartone di pacchetti di amazon. Mi sforzo di capire le loro ragioni e i loro pianti ma tendo piuttosto ad ammanettarmi al letto e farmi frustare da gatti a nove code per urlare le loro pene e scaricare l’elettricità tramite fiotti di urina al pesto genovese.
Però sono triste perché penso a Tristano e Risotta persi nei meandri di una Matrix che non li lasciava respirare. Mentre qui balliamo con i bubboni di peste e cantiamo tra barili di vino e pesce moltiplicato dalle ultime cene.
Anche qui crocifiggiamo i panettoni di Natale e pestiamo le corna a San Michele e ai tori della corrida, ma non ci permettiamo mai di dire che Dio è un palo di una banda di ladri. È per quello che mi scoppia una bomba nel cervello e devo dire addio al mio pubblico di santi urlanti mentre mi si strozza l’ultima sillaba tra gemiti e singulti dodecafonici.
Ma a te fa male l’occhio?