Frangipane di un circo equestre solletichi il biscotto umido di una mia poesia.


L’amore per l’assurdo mi consola nella creazione della vita quotidiana e cambia le sinapsi del beato stronzo che sono mentre bestemmio su un pezzo di carta galleggiante. Galleggia tra la gelatina delle mie lacrime condensate in polli bruciacchiati del barbecue in casa di Gianni. Nome del cazzo, no? Scusa Gianni.
Orfelia, sua moglie, nome del cazzo anche questo no?, si pettina i peli del pube perché a lui piacciono con la permanente.
È seria ‘sta cosa perché se no mica gli si rizza.
Perché siccome gli tocca di fare il salto della cavallina, quando atterra vuole atterrare sul morbido e su un morbido che lo stuzzica e così, sapendolo già da prima, si eccita. Gianni è fatto così.
Quando l’Orfelia si depila lì, o, ancora peggio, si rasa semplicemente, vuol dire che è incazzata. E a lui non gli andrebbe su neanche con un pompino fatto dalla Gigliola, sua amante, che se le cerca tutte con nomi così, insomma.
La Gigliola era una ex escort.
Escortava in strada.
Ma comunque adesso fa l’amante a gratis e il Gianni le piace perché la fa ridere.
Gliela dà per gratitudine. In un certo senso adesso è lei che paga il biglietto, tipo.
È persino lei, l’amante, che gli paga il ristorante perché non ha un centesimo.
È disoccupato e non fa neanche lavori in nero perché non ha voglia di fare un cazzo.
Siccome però ha fatto due bambini con l’Orfelia è a lei che le tocca di mantenerlo.
Comunque tornando a bomba per stasera a Gianni gli va bene un casino.
Permanente a bomba che promette uno di quegli atterraggi su cuscino d’aria e solletichino alla base del pene.
Lo lascio lì così Gianni, mi piace pensare che passerà bene l’ultima scopata prima di essere sbattuto fuori di casa perché durante l’amplesso gli scappa il nome sbagliato.

Il vento e il paravento


Bianca danza un danza di disperazione pensando alla sorella morta in un incidente di auto due giorni prima. Danza e si muove nella stanza al suono del flauto magico che suona come una cornamusa una musica ipnotica e lei gira e salta e piange e le lacrime si spargono nella stanza a corpo morto su un cadavere che non potrà più tornare se non nei suoi sogni di bambina. In cui erano piccole e giocavano a chi era più brutta e a chi si truccava meglio. E ridevano come matte a guardare la faccia da strega dell’altra. E litigavano e piangevano per le pene d’amore e ora un pezzo di vita era spezzato.
Bianca sta ballando da sei ore consecutive senza bere né mangiare, ma non può fermarsi. Sente che se si ferma, muore. Finché il corpo si muove è viva e ha energia per il passo successivo.
La paura la fa avanzare e il viso di Elisa che le sfugge e vorrebbe stringere e baciare nella campagna con i lupi che miagolano. “Bella mia è stato un amore grande e fugace, ma non morirai finché vivrò io qui per te. La purezza che scorre in te è quella di un angelo che balla qui con me ora al suono di questa musica che ricomincia sempre, sempre uguale, sempre infinita finché morte non ci separi”.
Se, dopo dodici ore, il marito non l’avesse soccorsa chiamando un’ambulanza allora sì che la morte li avrebbe separati sul serio. Il coma che seguì le permise di comunicare con Elisa e di fare l’amore con lei un’ultima, eterna, volta.
Se Elisa non le avesse dato l’ultimo bacio e non si fosse staccata lei dicendole “Torna da lui, ora, lui ti ama, impara ad amare un uomo ora. Io ti aiuterò, ma devi, devi affrontare la vita. È stato bellissimo, ma tutto finisce e tutto ricomincia, come la danza, come l’amore. Io sarò con te e con voi, ma solo per un po’, poi me ne andrò là dove devo. Addio sorella, amante e sposa, un ultimo bacio, un ultimo addio e poi torna da lui e vivi”, se non se ne fosse andata via scomparendo, lei non si sarebbe mai più risvegliata. Tra le lacrime, ma risvegliata. Ritrovò cosi marito e figli, ma non lei, e si sentiva anche più leggera, e pensò che Elisa aveva ragione e sorrise, tra le lacrime, ma sorrise e abbracciò tutti come se fosse la prima volta.