La fiasca di alcol macerato al limone ma adesso piovve sul salice piangente


L’infibulazione borsistica delle borse di Shangai
ci sfarfalleggia la Tasi che farà il funerale
degli occhi a mandorla così come è successo alla Stasi
tedesca e romagnola.

Onestamente la Merkel
me la scoperei.
A questo punto voterei Salvini
per essere sicuro
di avercelo duro
il che non è ovvio.
Santo Domingo è una spiaggia sul Nilo dove l’Eni ha trovato una scoreggia di gas non indifferente e a questo punto ci si chiede se i francesi e gli inglesi non bombarderanno anche l’Egitto per sottrarcela. Col rischio che arrivino tutti gli egiziani in barca a vela. Un copione Hollywodiano in cui manca Bruce che ride a crepapelle.
Bruce con la faccia nera
Ma nera nera
Anzi
un po’ abbronzata.
Chissà chi ha ucciso Meredith, sarà stato l’uomo nero, ma nero nero, anzi…
Beh, comunque.

L’artista è un bambino
che

si è tolto la corazza da guerriero per comunicare

con gli altri
bambini e farli
giocare e farli

morire

contenti


Cosimo ergo sum
Un vomito blu mi parla su un sottofondo di sitar indiano. Sfrappole fritte piovono da ogni dove su una città di campagna dove si tirano ancora i carri coi buoi. Un elmo da guarra si stira insieme a voci rauche che cantano in un coro di bambini di chiesa. Gloria nell’alto dei cieli e pace nelle fogne di Calcutta ai topi e alle gazze ladre di palle di piombo. Cerruti è un marchio da sballo. Ma Cosimo Pietraguerra è altrettanto sborrone. E io vesto Cosimo.
Bacio il bacio della fortuna affinché vesta le vesti di seta e copra le menti dementi di un capo branco a cui l’alcol ha dato alla testa di cazzo. Cazzo, un pene, una poesia, del cazzo, appunto.
Suor Cecilia era una ragazza alta e magra che non riusciva mai a dire la cosa giusta al momento giusto e allora dava l’informazione al gruppo. Trovava un ruolo, quello di gazza ladra, o di corvo dato che era alta e vestiva di nero. Le amiche si rivolgevano a lei come fosse google, ma era l’unico modo di avere la loro attenzione. Poi siccome in parrocchia le davano tanta più attenzione quanto più lavoro faceva e che le suore erano più simpatiche delle sue amiche, le venne naturale farsi suora. A 50 anni s’innamorò di un chierichetto. Cugino di un’altra suora.
Un’urna funeraria raccoglie le sue ceneri portate in processione da tutto il paese nell’attesa di essere presto dichiarata santa. Miracoli piovevano dal cielo come Parmigiano sui topi a ogni orgasmo nel quale chiedeva perdono con tanta forza da far accendere tutte le luci del paese. E anche gli elettrodomestici.
Scivolando giù per il tubo del gladiatore il redentore ripuliva i pollici inondati di sesso e celebrava una messa nello sfintere gassoso d’incenso e metano liquido.

Un’onda


Un rimbalzo da palla da basket e un cesto da tre punti si alza la folla e si chiude la partita. Un’onda di euforia contagia le menti di ramarri attrappiti. Volano le farfalle in mezzo ai giocatori di una roulette russa in cui chi muore si spara per ultimo.
Tracassette si beve uno sballo per urlare la sua gioia davanti all’orda. Furore e alcol scorrono nei laghi di una lupa mannara in pensione da dieci anni. Un appartamento pieno d’incenso scoppia in mille petardi e volano gli uccelli nell’alto dei veli e bruciano le menti degli uomini di buona volontà in mille scarpe nere.
Un fiume musa giocondo e rutta un odore di salame stracotto. Il pescatore nella sua barca ondeggia beato con un sigaro in bocca aspettando un miraggio finché una balena abbocca e lo porta con sé. Di tutto cuore.
Agito il salnitro con lo zolfo e il piombo e faccio scoppiare una miccia che ritarderà lo scoppio del nucleare e ritorno di corsa all’albergo dei sette nani per abbracciare biancaneve in un pertugio solenne.
Boh.

Ho riscaldato il mio cervello al microonde


Scoppio nell’ambito di un fantasma. Mi lascio andare alla follia che alberga sempre più padrona della mia mente e lo spazio mi sembra un grande vallata di fumo e alcol. Un grande buco dove il niente diventa e basta. M’abbandono alla lanterna dell’amore che scivola dolcemente su uno zucchero a velo di alito positivo. Un ambiente diverso. Fatto di gruppi elettrogeni e allucinogeni. Dove il sonno non alberga più. La notte è un immenso soffitto bianco mentre faccio l’amore con una chitarra elettrica e fondo i miei testicoli nell’assolo di una canzone che spacca i timpani ridondando come una campana a morto. La televisione continua a trasmettere mentre chiudo gli occhi e il telecomando cade dalla mia mano sinistra. Gli occhi finalmente si chiudono sul sipario dello sbarco di Normandia. Che ha trasformato un’Europa nel cinquantaduesimo stato degli Stati Uniti. Vedo un dentista che opera una bambina. Vedo il sangue schizzargli negli occhi. Vedo Che il sangue è il suo. Vedo che il dentista muore e la bambina scende e se ne va.

E il silenzio scende sulla mia notte insonne.

Gruppi di mosche s’insinuano intorno alla mia cena scaldata al microonde.

Onde radio si mescolano alle pustole d’alloro che circondano il pazzo che si aggira nella mia stanza mentre dormo e mi guarda e mi osserva e mi seziona come se mi conoscesse, come se fosse una parte di me.

Mi bacia e mi risveglio. M’illumino e vedo. Sciami di luci in una’arcobaleno di suoni color della cenere. Insieme ripuliamo i morti del cimitero. Finché la morte non viene a seppellire il bambino e la trinità divina.

Buon Natale toilette mia cara. Che ogni mattino accogli il putrido fiele che alberga il corpo di un pazzo.

Buon Natale a te, orifizio da cui scende un’ira molle color cenere.

Buon Natale a tutti voi, pazzi. Che sciogliete una mela nella bocca del demonio e fate sesso con un’aranciata di birra semovente.

Mi agito e scopro che il mio sonno altro non è che un insieme d’incubi e sogni agitati dalle note sgangherate di una sedia elettrica. Mi chiudo e mi rinchiudo nel caldo abbraccio delle mie lacrime che pensano a una seconda vita cullate dall’atmosfera di Marte e Venere.

Esco da una passerella fatta di angeli e plano su nuvole di smog al contrario e passo da una nuvola all’altra con le liane come tarzan e urlo un urlo agghiacciante che spezza il mio cuore e mi fa passare dal sonno alla morte.

E mentre osservo il mio funerale penso e ricordo a un tempo in chi non dormivo e sognavo di morire. E sciami di amare mosche lacrimavano in mia compagnia e di una toilette natalizia, forse un regalo di un parente pazzo.

Ora sento che la mia pazzia ride e piange e ama e lotta e siede alla destra del padre e della madre. Prego che la nonna si masturbi sul ventre di una balena rotta.

Solo così troveremo la pace nei sensi di una chitarra rock.

Puddu


Nella selva della città di Dio s’insinuava un segugio affettato da mille azalee petulanti.

In questo contesto Puddu si aggirava bighellonando vicino ad una barricata di uomini armati.

Andava in cerca di puledre fresche cui far bere il sol dell’avvenire.

Puddu si aggirava dopo la mezzanotte avvolto in un mantello a pois giallo e nero. Entrava nei pub più alcolici della capitale dell’impero. Osservava gli esemplari di femmine. Ne puntava uno e lo ubriacava. Lo portava nella sua tana e le trattava come le pecore di casa sua. E le riportava a casa prima che potessero essere coscienti.

Ma il problema era la sua sete insaziabile di alcol e il suo pene in perenne erezione che gl’impediva di dormire più di due o tre ore. Poi doveva ricominciare. Come un vampiro.