Un plagio di un pertugio incosciente. Questa è stata l’iniziazione all’amore ai tempi dell’adolescenza di una quindicenne zebrata. Ziggy come si faceva chiamare mio fratello si appropriava del mio sesso e della mia identità ricordandomi che darmi a lui era mio dovere di buona cristiana.
Tutto cominciò con una cosa che facevo con la mia grassa cugina adottiva Tatiana, di origini albanesi. Ce ne andavamo nella sua casa nella campagna di Reggio Calabro in un vecchio casolare della sua famiglia, tra l’odore di rosa muschiata e di rabarbaro. Ci mettevamo davanti allo specchio. Nude. Ci depilavamo da cima a fondo. Anche lì. Soprattutto lì. Ci facevamo il bagno nel torrente che faceva andare un mulino attaccato alla casa e tornavamo correndo sotto il sole. Poi ci mettevamo a letto e ci masturbavamo davanti allo specchio. Ma meglio dire che ci scoprivamo. Io volevo sapere quello che sentiva lei e lei quello che sentivo io. E imparavamo l’una dall’altra. Baciandoci e toccandoci i nostri seni sodi che la pelle faticava a contenere senza esplodere. Femmina con femmina. Labbra con labbra. Dolci baci e calde carezze mentre i grilli cantavano così forte che ogni tanto pensavo che volessero attirare l’attenzione delle nostre famiglie.
Tatiana non piaceva a mio fratello. A lui interessavo io.
Un giorno mi seguì e poi mi seguì di nuovo con il necessario per riprendere tutto.
Poi entro’ nella mia camera, una sera in cui m’ero addormentata mezza nuda. Era un caldo che non si respirava
“Irina svegliati – mi disse – ho una cosa da dirti” inizio’ sottovoce e poi “Lo sai che ti amo tanto” “Sì, anche io ti amo” “Ti amo e vorrei averti” “Sai che non è possibile” “Lo sarebbe se tu lo volessi” “Ma io non voglio” “Ma sei cristiana e non devi essere egoista” “Non c’entra niente lo sai” “E allora non mi lasci altra scelta” e mi mostrò le foto e i video “Se non fai tutto quello che ti dico, tutta questa roba finirà in rete” “Ma sei pazzo. Distruggerai tutta la famiglia. Papà ti ammazzerà” “No, ammazzerà solo te, lo sai, anche perché non sarò certo io a dirgli chi ha fatto le foto” “Non puoi farlo, non lo farai” “Beh allora guarda qui” e mi mostro’ un sito che aveva fatto lui e che era già in rete e nel quale c’era già la metà delle foto ma che per ora era criptato “Ora se vuoi tolgo il criptaggio e lo rendo visibile a tutti.
Poi si tratta di caricare tutto su youtube eccetera e mandare qualche mail a qualcuno qui in giro”.
I grilli cantavano ancora ma meno forte di quando io e Tatiana facevamo l’amore e sentivo piuttosto l’odore dello spezzatino di carne di mia madre.
Ero in silenzio e seduta sul letto.
Lui in piedi davanti a me e lo guardavo negli occhi “Ti prego, lascia perdere. Certe cose è meglio che restino una fantasia” “Perché?” “Perché sì, perché lo dicono i genitori e i preti” “Sì proprio loro. E comunque non m’interessa voglio te e ti avrò “Lasciami un po’ di tempo”.
Per tutta risposta mi fisso’ e si tiro’ giù la lampo dei pantaloni e mi sbatté in faccia il suo coso, tra l’altro di discrete dimensioni.
Io lo guardai. Aveva diciotto anni, io quindici. Era alto e biondo che sembrava un angelo. E quello era per me. Un angelo protettore.
Mi aveva sempre protetto. Dove non c’era mio padre, c’era lui.
Mi ero sempre confidata. Dove non c’era mia madre, c’era lui.
Deglutii.
Lui aveva sempre deciso per me. Fare quello che voleva lui era un’abitudine e un piacere. A volte pensavo che se fossimo sposati non ci sarebbe bisogno di cercarsi un uomo e che insieme saremmo stati felici per sempre. Forse lo pensava anche lui. Forse anche questa volta aveva ragione lui.
“Che Dio mi perdoni” pensai stringendo le gambe e le palpebre.
Socchiusi le labbra e feci un grosso sospiro dalla bocca.
Sarà che avevo già in bocca il sapore dello spezzatino di carne. Sarà che volevo proteggere la mia amica Tatiana. O sarà quel che sarà. Io iniziai a succhiare e lui a godere accarezzando la nuca. Accompagnando i movimenti della mia testa e bloccandola al momento dell’orgasmo.
Mentre lo facevo sentivo scendere in gola il calore del piacere e della vergogna.
Mentre lo facevo lui mi accarezzava la testa e mi diceva parole dolci tipo “Sarai sempre la mia cagnolina” che col tempo sarebbe diventato “Cagna”.
Lui si era tirato su la lampo, mi aveva dato un bacio sulle labbra e se n’era andato senza dire una parola. Lasciandomi sola col senso del peccato.
Alla fine ero stesa sul letto eccitata e sporca.
Sporca perché eccitata.
Eccitata perché sporca.
Pregavo la Madonna quasi ad appropriarmi della sua purezza. Per il momento la verginità, l’avevamo ancora in comune, ma avevo la sensazione che la cosa sarebbe durata poco.
E avevo ragione.
Durante la notte sognai e risognai quella fellazione incestuosa e sentii mio Ziggy dentro di me come un feto e sognai di essere incinta e di dargli una figlia con la coda di dinosauro che si trasformava in un monaco cistercense che organizzava orge con animali con tonaca romana su bighe romane. E arcobaleni di melassa che si scioglievano al coro di tamburi africani su cui ballavano adolescenti zebrate con un collare e un guinzaglio.
Sentivo di annegare in una pozza di sangue e sperma e sudavo. Aprii gli occhi, credo e vidi un diavolo, credo, masturbarsi sopra di me, ma continuai a dormire.
Il giorno dopo avevo i capelli incollati a ciocche.
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Tabulé di rose – 4
Sono distesa nuda e legata a gambe e braccia aperte in un letto rosa con baldacchino a diamanti incastonati nelle tendine e nel legno scuro in una stanza grande come un campo da tennis. Dal soffitto a vetri colorati penetra una luce diffusa che sembra un caleidoscopio.
Una materia fumogena mi acceca le orecchie, sto sognando legata ad un letto alla mercé di uomini e donne che solleticano gli istinti vitali più nascosti del mio corpo in cui dolore e piacere sono talmente fusi insieme da sembrare gemelli siamesi.
Cani sorridenti si mescolano a scariche elettriche che attraversano la mia anima in un valzer viennese in cui sono costretta a ballare il ballo di un’altra donna. Kadima mi tortura sottilmente. Con sensibilità e intelligenza. Sa cosa voglio e cosa non voglio. E soprattutto sa quello che voglio ma che non vorrei. Per orgoglio, per dignità.
Quella mi toglie. Ogni solletico, ogni carezza, ogni bacio, ogni eccitamento, ogni parola sussurrata ad un orecchio, ogni preghiera che le faccio di far finire questa tortura, ogni secondo che passo in compagnia sua e dei suoi falli enormi circondati di corpi scolpiti in carne umana, ogni lamento, ogni godimento mi fanno sprofondare sempre di più nella scala di valori di una donna, anzi, di un essere umano, no, nemmeno di un animale.
Ecco, sotto all’animale. Lì mi sta spingendo. Tra l’oppio e le droghe chimiche, tra il Prozac e la semplice marijuana o l’alcol, oramai la stessa liberazione dalla prigione della dignità è diventata un sottile piacere animale.
Una danza che Kadima conduce con una regia degna di un Oscar. E io perdo l’identità che ero venuta a cercare in questo lontano posto d’Africa. Per troppo amore o troppa stupidità.
Ma non è solo questo.
No. Non è solo questo.
C’è di più. Molto di più.
Questo.
È.
Amore.
Malsano, ma amore, maledizione.
Kadima non pensa che a me.
E io a lei.
Non pensa ad altro che a come farmi piacere in cambio della mia anima.
E io, la mia anima, gliela sto dando con lo stesso piacere che lei mi dà con la sua.
Stamattina mi ha detto “Io ti amo, voglio sposarti”.
Ora.
L’idea del matrimonio m’è sempre piaciuta, ma non avrei mai immaginato che l’unica che finora me lo avrebbe proposto sarebbe stata una donna. Un po’ maschile, d’accordo. Ma donna.
E io l’ho baciata.
E con quel bacio le dicevo: “Sì sposiamoci”. Non posso abbracciarla perché sono legata a mo’ di crocifisso.
Anche questo fa parte dell’amore che mi hanno insegnato nella mia educazione cristiana.
” L’amore del perdono nei confronti dei propri persecutori sono armi per conquistarne i cuori e redimerli dal peccato” diceva padre Pio. Nel mio caso il tutto passa per la figa, ma poco male.
Forse quest’inferno è, in realtà, la porta di accesso al Paradiso in cielo come in Terra. Per me come per lei.
Una che mi fa soffrire (e godere) tanto, è anche una che soffre tanto e quindi ha tanto bisogno di essere amata. E anche io. E allora eccoci tutt’e due insieme finché morte non ci separi.
Kamos è lontano, molto lontano e oramai non starà più pensando a me. Perché dovrei rimanergli fedele, pura e incontaminata? E allora meglio darsi come una Maddalena che porta Dio nell’anima e nel corpo dei bisognosi col proprio corpo e sangue.
Tabulé di rose – 3
Kadima aiutami hanno rapito Kamos e ho bisogno di sapere dove l’hanno nascosto
Chi l’ha rapito?
Quelli dell’Emor
I nostri servizi segreti, ma che è? una spia il tuo uomo?
Sì ma non lo sapevo ti giuro. Pensavo dovesse supervisionare dei progetti di non so cosa di infrastrutture, sviluppo qualcosa del genere. Gesù e pensare che era una vacanza
Sei sola?
Sì perché?
Rischio il collo se ti aiuto
Puoi trovare il nascondiglio?
Certo che posso ma se mi trovano mi scuoiano viva anche se sono la figlia del capo della polizia
Si fanno queste cose da voi?
Certo e anche da voi, solo che non ve lo dicono
Come fai a saperlo?
Ora devo andare
Faccio quello che vuoi. Dammi istruzioni
Ci vediamo domani notte davanti al kebab brasiliano vicino alla grande Moschea all’una di notte. Ti darò la mappa e le foto che servono ai tuoi per credere a quello che gli dici
Perché? Pensi che non mi credono se glielo dico semplicemente?
Da dove vieni?
Da Bruxelles…dall’UFE cioè in che senso?
Lascia perdere Alice dal paese delle meraviglie. Credi che i tuoi superiori credono a tutto quello che gli raccontano? Senza foto non perdono neanche il tempo di alzarsi dal letto
Se lo dici tu
È così e basta. A domani.
Padre ho peccato
Racconta e svuota la tua anima nel ventre della vergine santissima
Ho pensato e ho toccato
Chi
Me stessa
Dimmi come e quando e quanto
Ero stesa nel parco tra gli alberi e era caldo era ieri pomeriggio non c’era nessuno e ho iniziato a pregare. Mi sono inginocchiata. Avevo le mani giunte e pensavo a Gesù e pregavo e m’inventavo anche le preghiere perché ero stufa del Padre Nostro
Ma come fai a stufarti del Padre Nostro?
Mi stufo e basta. Comunque funzionava e recitavo “ti amerò per sempre corpo e anima e voglio lasciarmi andare a te completamente senza pudore e dedicarti tutta la vita per poco che possa valere ed essere tutt’uno con te, voglio essere la tua Maddalena, la tua Maria e la tua vergine”
Ma questa non è una preghiera
Be’ comunque per me era una preghiera e m’immaginavo veramente di essere con lui e di stare tra le sue braccia in quell’erba e tra quei fiori profumatissimi di rododendro e violette e forse mi hanno dato un po’ alla testa
Non cercare scuse
Non sono scuse mi hanno dato alla testa e mi sono eccitata. Mi sono eccitata e ho cominciato a toccarmi prima il seno e poi la
Sì ho capito
Non ha capito don Germino era la testa e non la
Ho capito
Stavolta sì, comunque mi sono accarezzata i capelli e con i capelli ancora il seno e i capelli erano così soffici che sembravano seta che quasi mi faceva il solletico. Ma non era un solletico, era come elettricità che cresceva piano piano ed entrava sotto la pelle capito?
No
Lo sapevo. È come un’onda del mare che prima sta sopra la pelle, poi ti passa sotto e entra dentro e allora li sì che ho cominciato a toccarmi la …
Sì e poi?
E poi sa com’è
No non so com’è
Le piace eh? Comunque pensavo che anche a Gesù sarebbe piaciuto e a me è sempre piaciuto tantissimo in questa posa nudo a braccia aperte e m’è piaciuto immaginarmelo come un ragazzo qualsiasi, un po’ hippy che gira predicando e mi capita sempre che questi pazzoidi mi piacciono ma non sapevo che qualcuno mi filmava
Chi ti filmava
Tommaso
Tuo fratello?
Sì, lo sa che ha una passione per me? Mi segue sempre e stavolta m’ha beccato
E che ha fatto
M’ha sdraiata per terra
Non t’ha violentato
No io stavo per venire e lui anche e allora ha finito di masturbarsi in ginocchio sopra il mio viso e
E?
Siamo venuti insieme, ma lui ha continuato a filmare
Praticamente un incesto, ma siete matti
Beh mica siamo gli unici qui intorno e c’è pure di peggio
Questo non vuol dire che non sia peccato
Se no mica mi confesserei
Sì, ma non te la cavi mica con due ave Maria, vai avanti
Perché non è ancora venuto
No
Tabulé di rose – 2
Papà. Che lavoro fai?
Lavoro per il bene del paese
Di Strazziano intendi?
Certo, tutti qui mi sono debitori di qualche favore
Il tuo lavoro è fare favori?
Più o meno sì
E ti pagano?
Certo
Sempre?
No, non sempre
E se non pagano
La pagano ancora più cara
Li fai pagare di più?
Molto di più
E dopo ti pagano?
Beh, dopo sono morti
Vado in giro per il paese. Ho quindici anni. Sono mora e di pelle chiara. Occhi verdi che quando guardo un ragazzo resta ipnotizzato e fortuna che non nota troppo la bassezza e il troppo seno. O, forse sì. Meglio per lui. È primavera e le zanzare sono un incubo dato che qui fanno una piccola siesta poi te le ritrovi dalle cinque del pomeriggio alle otto di mattina e oltre. Io le attiro tutte.
In primavera tendo anche ad attirare le persone. Soprattutto uomini.
Mangio una mela prima della Messa domenicale. Ci sono tutti. Cani, porci, prostitute e figlie di boss come me. Siamo quelle che devono sostenere l’onore della famiglia più delle altre e dare il buon esempio. Quindi facciamo sesso tra di noi. Dopo la Messa, mentre tutti stanno mangiando dolci e chiacchierando nel giardino di casa nostra ce ne andiamo a fare un giro nel bosco che dà sulla spiaggia e lì ci divertiamo. Comincia Brigitta che ci mostra un fisico da giraffa e le piace essere presa a schiaffi nel posteriore. Poi è la volta di Paolina che è grassa ma ha un viso bellissimo con occhi tipo egiziana e una bocca grande grande che quando ti bacia ti fa sentire divorata e quando ti lecca la senti arrivare dovunque. A me piace soprattutto Restia che è una selvaggia come me, graffia e mordicchia dolcemente e la sua pelle sa di cioccolato amaro o, forse, è solo amara, ma a me piace. Mi scalda immediatamente. Restiamo nascoste nei cespugli di zafferano a drogarci dei nostri sapori mentre ci risuonano ancora le parole del curato alla fine della Messa “Date alle persone ciò che vogliono ricevere e siate aperte a ricevere quello che vi viene dato con amore”. Intanto che ci baciamo la sabbia si mescola ai nostri corpi rotolanti verso il mare che ci accoglie sotto un sole cocente.
Tabulé di rose – 1
Tabulé di rose – 1
Mi sveglio, no, non sono sveglia, ti prego fa che sia un sogno, anzi un incubo. Sento corpi intorno a me. Grossi corpi. Grossi come maiali. Forse sono maiali. Puzzano come maiali. Forse puzzo anch’io come una maiala. Sono corpi nudi. Come il mio. Si strusciano contro la mia pelle. Qualcuno tossisce. Della luce entra dalle mie palpebre ancora chiuse.
Ora sono su una spiaggia deserta. Un cavallo bianco mi viene incontro e mi chiede se voglio una canna. No grazie, cavalla, non la voglio, ne ho fumate abbastanza, non so quando, ma lo so.
Mi guardo in uno specchio d’acqua sporca e intravedo una faccia e qualcuno mi spinge dentro e casco con la faccia nel fango. La cavalla mi lecca la faccia e m’infila una lingua in bocca. Mi abbraccia e l’abbraccio e mi scaldo.
Quando finisco di svegliarmi è troppo tardi e il maiale mi sta montando da cima a fondo mentre anche l’altro si sta agitando.
Io cerco di dire di no e lo dico. Sul serio.
Ma non sembro abbastanza convinta. Smetto di dirlo e di cercare di respingerlo perché non fa altro che moltiplicare la forza ad ogni “no”.
Apro gli occhi e sono in una stanza pietrosa e piena di calcinacci.
Io sono Irina e questi tre con cui mi sto svegliando sono alcuni amici di mio fratello: Giac, Oz e Minghetto che insieme formano la band di taranta più famosa del quartiere.
Mio fratello mi appare da un lato del materasso appoggiato sul pavimento mentre si masturba guardandomi abbuffarmi di carne semovente che a malapena riesco a respirare, anzi, a gemere. Di vergogna, ma di piacere.
Mio fratello scatta foto. Gira video. Tutti mi conoscono come una ragazza seria.
E finché gli obbedisco niente cambierà.