Eschilo, Eschilo Senofonte. Una banana asimmetrica ti trafigge il culo da cui ami follemente il tuo tuorlo d’uovo. Ecco. Apriamo una città. Come una pentola asfittica che vola tra le stelle. Stelle, che hanno rotto i coglioni. Vola tra le capre. Ecco. Suona meglio. Capre ruspanti tra trivelle d’amore turchese. L’imbuto ballerino che pianta chiodi tra i miei pensieri. Oggi che finalmente Cristo è morto, ma pensate che casino se fosse ancora vivo. Oggi, dico, la capinera fa capolino tra panche e capre e si siede a prendere il sole con le piume arricciate dalla permanente di un mandolino a schermo piatto.
Scendo da una scalinata valorosa per prendere il frutto del seno tuo, Marilù. In una strada distonica ti suono la mia serenata che fa pressappoco cosi’: tracannati, tracannati, muori in una patata disperata che piange lacrime di rosso. Tracannati, tracannati mia dolce Marilova e soffri lentamente le pene del pene troppo grosso. Tracannati, tracannati, voglio sentirti urlare e sgranare i tuoi occhi mentre cominci a sentirlo tra il pancreas e lo stomaco perché lì voglio lasciare il mio seme. Sicuro che non resterai incinta. Eschilo, Eschilo Senofonte che sai di uovo sodo tra zanzare troppo arrabbiate che riproducono i resti delle loro fobie. Così ti amo e così sia tra le luci dell’Alcantara e un Olé pronunciato un secondo prima che il toro t’incornasse. Tra le gambe