I nibelunghi conquistano il deserto di Nurghi sembrando falchi che anneriscono campi bruciati di peste e sperma di elefante. Vedo cani latranti senza pelo né orecchie che danzano su ossa di segretarie vestite di blu. Vedo schermi di computer che osservano la scena annuendo compiaciuti mentre aquile strabiche li masturbano accarezzandoli.
Mentre il vento freddo spazza il cielo dal fumo di merda secca la pioggia lava i peccati di Sade che sale dal mare sotto forma di spirito epico che canta una zirudela. Il cocchio reale si trasforma in una patata bollente e ride della passeggiata. Undici e quarantotto, il tempo scorre al passo di coccodrillo e t’inghiotte in mille pezzi se non scappi urlando in scatole cubiche che ballano la polka a ritmo forsennato.
Ti amo bambolina che urli. Stralci del tuo dolore s’impossessano della mia anima e il cane urla in un orgasmo della vita animale. Piedi camminano in un fango ossessivo e la paura fornica con la biada nel palato di un animale del Congo che salta sugli alberi e mangia banane. Scimmie che cantano arie della Turandot. Citando versi dell’Orlando Furioso in latino. Un’immagine innevata, neve, si scioglie lungo le nevi del Kilimangiaro che mangia chili di pasta al sugo Barilla. Un’innevata, neve, piccante scivola lungo il palato fino all’esofago. Ed esplode in fuochi artificiali.
Un gesto disossato s’incunea nel vasto occipite occidentale e rema contro vento per giungere alla terra di Erik il vichingo.