Azzimo


Mi masturbo in un otre livido d’oro dei vitelli adorabili ebrei che sognano quintetti di archi ricchi di olio d’oliva e pane azzimo. Un relitto corrente accende l’animale con corna violente e corre all’impazzata per urinare in mezzo a campi di lettere farcite di more.
Necessito di vedere campi ciechi e valchirie scatenate davanti a tori in catene per partorire froci e consegnarli al lieto evento di un matrimonio che non s’a da fa’. Albicocche a gradimento e pomodori alla moda schizzano sul palco di tressette annodati col fiore. Gesù si mangia un panino alle melanzane e gode in una discoteca all’aperto in una festa trance. Scendono le stelle in un piatto di ragù. Divinamente stronzate che chiedono “ma io sono te?” e ridono a crepapelle per un’infornata di mandorle al vapore. Chiudo gli occhi e vedo sfilate di donne in nero che passeggiano onniscienti al funerale della mortadella. E un uomo vestito di bianco s’incolla alla parete per celebrare l’omelia funebre e dice “Chissà se i santi muoiono o leggono l’Erbolario di qualità”. Perciò cari fedeli io vi domando è meglio la domanda o il dubbio?
Star Treck non fa distinzioni, tra una parabola di Cristo e una frittella di muschio selvatico e tradisce la mugnaia per un tozzo di pane azzimo mangiato sporco nel mese del ramadan.
Mi dirigo verso il cancello e vomito il Dio sporco di Rachele e Giuda. Una pozza di sangue ribolle su cinte di Ebola e migliaia di genti venute dall’est fanno la fila per un virus dal passato infelice.

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