Frangipane di un circo equestre solletichi il biscotto umido di una mia poesia.


L’amore per l’assurdo mi consola nella creazione della vita quotidiana e cambia le sinapsi del beato stronzo che sono mentre bestemmio su un pezzo di carta galleggiante. Galleggia tra la gelatina delle mie lacrime condensate in polli bruciacchiati del barbecue in casa di Gianni. Nome del cazzo, no? Scusa Gianni.
Orfelia, sua moglie, nome del cazzo anche questo no?, si pettina i peli del pube perché a lui piacciono con la permanente.
È seria ‘sta cosa perché se no mica gli si rizza.
Perché siccome gli tocca di fare il salto della cavallina, quando atterra vuole atterrare sul morbido e su un morbido che lo stuzzica e così, sapendolo già da prima, si eccita. Gianni è fatto così.
Quando l’Orfelia si depila lì, o, ancora peggio, si rasa semplicemente, vuol dire che è incazzata. E a lui non gli andrebbe su neanche con un pompino fatto dalla Gigliola, sua amante, che se le cerca tutte con nomi così, insomma.
La Gigliola era una ex escort.
Escortava in strada.
Ma comunque adesso fa l’amante a gratis e il Gianni le piace perché la fa ridere.
Gliela dà per gratitudine. In un certo senso adesso è lei che paga il biglietto, tipo.
È persino lei, l’amante, che gli paga il ristorante perché non ha un centesimo.
È disoccupato e non fa neanche lavori in nero perché non ha voglia di fare un cazzo.
Siccome però ha fatto due bambini con l’Orfelia è a lei che le tocca di mantenerlo.
Comunque tornando a bomba per stasera a Gianni gli va bene un casino.
Permanente a bomba che promette uno di quegli atterraggi su cuscino d’aria e solletichino alla base del pene.
Lo lascio lì così Gianni, mi piace pensare che passerà bene l’ultima scopata prima di essere sbattuto fuori di casa perché durante l’amplesso gli scappa il nome sbagliato.